In un momento storico in cui l’epicentro scandinavo del
melodic rock si può considerare polarizzato attorno alle scintillanti effigi di Eclipse, Nestor, Remedy e H.E.A.T. (senza dimenticare “emergenti” di valore come Daytona e Nationwide …), ecco che il secondo albo dei
Winding Road irrompe con determinazione nella disfida a reclamare un ruolo di spicco.
La
band svedese formata da
Jan Hedlund (Coastline),
Magnus Åkerlund (Blender) e
Jonas Tyskagen (Domino Drive), già artefice nel 2021 dell’ottimo “
Winding road”, fornisce con questo “
Fill my sails” una dimostrazione di classe, brillantezza esecutiva e tensione espressiva davvero efficace e coinvolgente, in grado di puntare dritta ai vertici della “scena”.
Stilisticamente fedele al blasonato modello nordico del genere, il gruppo riesce però a intridere di spiccata sensibilità e di una notevole carica armonica tutte (proprio tutte,
eh …) le canzoni dell’opera, assicurando all’ascoltatore appassionato istantaneità nelle melodie, voci virilmente seducenti e la giusta dose di vigore musicale.
Nonostante la palese lealtà nei confronti della nobile “tradizione” di queste sonorità, i
Winding Road non vivono di fastidiose nostalgie (aspetto che li accomuna ai Nestor, accostamento che è già un elogio …) e impregnano le loro composizioni di quella
verve che, insieme a buongusto e cultura, li allontana decisamente da ogni eventuale addebito di manierismo.
È sufficiente anche solo un contatto con l’
opener “
Close my eyes in Tokyo” per rimanere “contagiati” da una struttura melodica estremamente avvincente, esaltata da un
refrain che s’insinua in maniera subdola e tenace nelle sinapsi cerebrali.
L’
intro di pianoforte della
title-track del disco è un piccolo “inganno” con cui la
band decide di aprire un fremente pezzo dalle vaghe reminiscenze Whitesnake-
iane, seguito da una “
I'm alive” che conduce l’astante negli appassionanti territori dell’
AOR vibrante e crepuscolare, latitudini in cui emerge in maniera evidente la scintillante chitarra dello
special guest Thomas Larsson (
Glenn Hughes, Baltimoore, …).
“
I'll give my heart to you” aggiunge un’adeguata aliquota di grinta all’attraente impasto sonico (il ritornello è un altro arpione piantato nella memoria …) mentre a chi predilige architetture più sofisticate e notturne è dedicata “
Love's walking out of sight”, un elegiaco vagabondare sotto le luci al
neon di una metropoli.
Altre eleganti e vivaci scosse
adulte le riserva “
Hang tough”, le stesse che troverete pure in “
Healing touch”, nella spigliata “
Devils daughter” (impreziosita da un suggestivo intervento di
sax) e che in “
Closer to the truth” ritornano a irrobustirsi, acquisendo altresì un fascinoso carattere evocativo, non lontano da certe soluzioni care ai capiscuola Treat e Europe.
Un
mix tra Europe, Toto e Journey rappresenta la base ispirativa su cui si sviluppa la galvanizzante “
Jackie Lee”, e a chi attendeva i
Winding Road alla difficile e pressoché imprescindibile prova della
ballad, “
When the lights go down” fornirà ulteriori elementi utili ad una promozione a pieni voti.
In conclusione, “
Fill my sails” è una felicissima mescolanza di suoni “classici”, competenza e freschezza emozionale, predisposto e attrezzato per gareggiare con i campioni del settore … una competizione che, indipendentemente dagli esiti “commerciali”, non può che essere molto fruttuosa per tutto il “movimento” artistico di riferimento.
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