In tutto questo
revival ottantiano è diventato davvero difficile raccapezzarsi, e per rispolverare in maniera efficace certi suoni è sempre più necessario possedere, oltre al rispetto e la venerazione per la tradizione, anche una “urgenza” espressiva capace di trasformare i
cliché in scosse sensoriali.
Prendete questi
Rimbacher, finlandesi di Jyväskylä … la musica che propongono è piena di rinomati riferimenti (Hanoi Rocks, Poison, AC / DC, Ratt, Danger Danger, Kix …) eppure il loro disco di debutto “
High hopes on the rocks” appare nell’insieme abbastanza coinvolgente, grazie verosimilmente alle opportune dosi di cultura, competenza e attitudine al “cazzeggio” che sostengono il quintetto nordico.
Eh già, perché quando si suona
hard-rock “stradaiolo” anche l’ultimo, solo apparentemente il meno “nobile” degli attributi appena citati, è molto importante, basilare per trasmettere all’astante la sensazione di saper divertire “divertendosi”.
Ovviamente, le doti compositive sono parimenti indispensabili, e tutta questa bella “roba” la troverete declinata, per esempio, in “
Worldkiller”, una sorta di “celebrazione” dell’arte Ratt-
iana di notevole suggestione.
Da qui in avanti la
band continua a macinare la “sua” versione dello
street-rock n’ roll, affidandosi alle pulsazioni Poison-
esche di “
Luxury” e agli inni viziosi e scorbutici "
Cocaine eyes & nicotine stains” e “
Rock to ruin” (con un pizzico di Judas Priest nell’impasto sonico …), ma anche dimostrando di saper trattare con apprezzabile perizia soluzioni a carattere melodico più ponderato e affabile, come accade in "
Loving you (Is loving a broken)” e “
Pluto”, che in altri tempi (e con la giusta promozione …) avrebbero potuto fare bene nelle programmazioni radiofoniche e televisive di riferimento.
“
Chasing ghosts” aggiunge un gradito tocco Aerosmith-
esco alla raccolta, mentre “
Last breath of rock 'n' roll” è una scarica elettrica d’incorruttibile marca britannico / australiana.
Un paio di momenti maggiormente interlocutori (l’
anthem “
Dry body passion” e “
Out for more”, che riprende, con minore efficacia, certi temi cari al
class-metal californiano), completano un disco genuino, privo di vere “invenzioni” artistiche e non per questo poco godibile e ricreativo … si astengano i cinici intellettuali e gli indefessi ricercatori dell’innovazione.
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