Non è facile scrivere musica ispirata alla psichedelia, al krautrock e allo space rock che non risulti monotona e ripetitiva. Eppure, agli
Psychowatermelon sembra venire naturale. È evidente nell’introduttiva
“Survivor Tales”, lisergica ai limiti del sopportabile, o nella successiva
“Barbarian Dreams”, ipotetico parto dei
Tool sotto acidi.
E ancora
Der Bluthasrch (
“Ghostpiracy”), i
Porcupine Tree degli esordi (
“Meanwhile”), i
Pink Floyd di
“A Saucerful Of Secrets” (
“Vintage Future”) e la scuola di Berlino (
“Primal Chase”). Il groove tribale di
“Monkey Business Culture Club” controbilancia la synthwave evoluta di
“Lazy Blades And The Gummy Forest”, mentre l’incipit di
“The Visionaire” rievoca le sonorizzazioni di Angelo Badalamenti e David Lynch.
Il finale è più disimpegnato, a partire dalla meno elettronica
“Factchekers Summer Camp Explosion”, a cui seguono il trip-hop malato di
“Moonset Boulevard Martini” e la spericolata
“Aliens On Piano” (con l’ospite
Luca Fattori).
Un lungo viaggio, ma ne vale la pena.
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