Dopo l’esordio piuttosto acerbo di 2 anni or sono, i madrileni
After Lapse realizzano, tramite la
Frontiers Records, il loro secondo album, intitolato
Pathways.
La concezione di progressive metal che sta alla base dello stile degli spagnoli, è fortemente debitrice nei confronti dei titani del genere (
Dream Theater su tutti), eppure, in questo lavoro, la band sembra metterci più anima e personalità rispetto al debutto, dando vita ad un disco, non privo di difetti ma, tutto sommato, gradevole, elegante e pregno di sana passione.
Musicalmente, la chitarra del bravo
Jorge Escudero si integra alla perfezione con le tastiere di
Pablo Sancha, l’espressività del vocalist
Rubén Miranda raggiunge i suoi picchi emotivi in occasione di brani, quali
Clones, nella barocca
Dying Star, o in occasione della toccante ballad finale
Turn Into Light, ma sa rivelarsi al tempo stesso anche graffiante, mentre
Roberto Cappa alla batteria e
Javier Palacios al basso, danno luogo ad una sezione ritmica irregolare, come vuole la tradizione del genere.
A guastare leggermente questa armonia sonora, ci pensa qualche inserto tastieristico, dal taglio eccessivamente moderno (lo so, è un mio limite, che posso farci?!), in tracce come l’iniziale
Shadow People, nella camaleontica
Thanks But No Thanks, o ancora, nella riflessiva
Walking By The Wire. Tutto sommato però, si tratta di episodi isolati e contenuti, che non penalizzano oltremodo delle composizioni ben costruite, che possono fare leva su tanto cuore e su trame melodiche valide e raffinate.
I brani non seguono quasi mai un andamento lineare e le differenti sfumature presenti all’interno di questo lavoro, strizzando l’occhio a diverse correnti stilistiche (emblematica la sincopata
Dust To Dust), fanno in modo che il disco risulti decisamente variegato e caratterizzato da numerose tonalità cromatiche, che tuttavia non entrano mai in conflitto tra di loro, ma sembrano amalgamarsi in maniera del tutto armonica, all’interno della medesima cornice.
In conclusione,
Pathways non sarà un capolavoro ma, ad ogni modo, si rivela un album assolutamente genuino e di discreta fattura, che mi sento di consigliare a tutti gli estimatori del prog metal tradizionale, reinterpretato in chiave moderna; dunque, con le debite proporzioni, se amate bands come
Haken,
Circus Maximus, o
Teramaze, gli
After Lapse, con questo
Pathways, potrebbero rispondere alle vostre esigenze e magari, pian piano, conquistarvi!