I
Desert Near the End hanno una lunga storia alle spalle, formati ad Atene nel 2010 dal cantante
Alexandros Papandreou e dal bassista
Akis Prasinikas dopo la comune esperienza con i The Eventide, hanno via via ampliato le proprie fila, giungendo ad una line-up a cinque elementi, con l'inserimento di
Stelios Pepinidis (alla batteria) e dei due chitarristi
Spyros Vasilakis e
Jason Ioakeim (entrambi anche nei Fallen Arise).
Questa la formazione che ha inciso "
Tides of Time", sesto album per i
Desert Near the End, che si incammina solido e compatto con "
City of Eternal Flame", dove si mette subito in evidenza lo slancio marziale di
Pepinidis su un brano dove la formazione ellenica riesce a far convivere Doom, Epic, Thrash e pure un pizzico di Black, in un equilibrato blend di diverse sonorità Metal spronate dal cantato profondo e stentoreo di
Papandreou.
Se pur nello scorrere della tracklist i vari ingredienti varieranno per dosaggio e importanza nell'economia delle singole canzoni, quella che sarà una costante di "
Tides of Time" è il suo pathos epico, e per quanto l'album non sia un concept di
Sword and Sorcery, nelle trame di "
Ascension" si possono notare richiami a Basil Poledouris e alla colonna sonora di "Conan il Barbaro", mentre nella successiva "
Oceans of Time" la fonte d'ispirazione potrebbe benissimo essere rappresentata dagli Iced Earth, per un dualismo che ritroveremo spesso nelle pieghe dell'album. "
Children of Lethe", che inizialmente ci concede un attimo di requie con i suoi arpeggi e i sussurri di
Papandreou, è un pezzo avvolgente ed anthemico caratterizzato dall'alternanza tra passaggi evocativi e scatti repentini, espediente che ritroviamo anche su "
Half-Learned and Long Forgotten", altro episodio che non può che far pensare ai già citati Iced Earth, anche per l'approccio vocale di
Papandreou che rimanda (fatte le debite proporzioni, ovviamente a favore del cantante statunitense) a Matt Barlow. Aperta e drappeggiata da effetti di tastiera e rintocchi di campane, "
Sunset Fields" si trascina poi un po' stancamente e senza particolari sussulti, quelli che invece garantiscono sia la battagliera e thrashy "
Burn Like the Sun, Shine Like the Dawn" (che ripropone l'accostamento con la creatura di Jon Schaffer) sia la più sofferta e largamente articolata "
Damnation", dove ai
Desert Near the End si unisce la voce dell'ospite
Ruby Bouzioti, che già aveva collaborato con loro sul precedente "The Dawning of the Son" (2022). Con la conclusiva "
In the North of Every Man's Heart.." si torna a spaziare tra chitarre acustiche, un cantato sofferto e squarci d'epicità lungo un brano che pare essere sempre lì sul punto di esplodere e che invece...
Già, su "
Tides of Time" non tutto fila liscio, ma nulla toglie che i
Desert Near the End abbiano realizzato un lavoro ben più che interessante.
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