Album d'esordio per gli
Arkon, formazione sarda che orgogliosamente riversa le proprie origini nelle dieci canzoni che lo compongono. Infatti, sia le nuove composizioni sia quelle recuperate (comunque riarrangiate e riregistrate) dal loro primo MLP "Hypericum", uscito autoprodotto nel 2022 mentre "
Arkon" è stato rilasciato dalla
Doom Symphony (sussidiaria della
Underground Symphony), ci raccontano della mitologia e dei rituali della Sardegna rurale e sono tutte cantate in lingua sarda, con una sua musicalità particolare ma che ben si cala in questo contesto.
Una combinazione vincente, nel caso perfetta per la proposta degli
Arkon: un (scopriremo) riuscito mix di Doom ed Heavy Metal classico. Non stupisce quindi imbattersi in tracce di Black Sabbath, Pentagram e Trouble (ma anche qualcosa dei Metallica) sull'opener "
Sacrifitziu", dove mi sono venuti in mente anche gli Héroes del Silencio, dato che la voce di
Alberto Melis non è poi così distante da quella di Enrique Bunbury, anche per una certa assonanza tra lo spagnolo ed il sardo. Tuttavia, come già anticipato su "
Arkon" le coordinate musicali non hanno poi molto in comune con la formazione di Saragoza, quanto piuttosto con la lezione che ci arriva dall'Inghilterra, dalle parti di Birmingham e da Londra. Con la titletrack, come pure "
Intregadu", l'arcana "
Hypericum", "
Inghirios" o "
Sinnos" (brani dove aleggia pesantemente lo spirito dei primi Black Sabbath) gli
Arkon riescono a coniugare con scioltezza pathos epico e atmosfere doomeggianti, grazie ad un'ottima prova collettiva, dove a distinguersi sono sempre e comunque la chitarra di
Italo Pitzalis, sia nei riffs sia in fase solista ed il cantato di
Melis.
Altri pezzi si rivelano invece più arcigni, come nel caso di "
S’erchitu", tratteggiato dal basso di
Giuseppe Maisola e dalle bacchette di
Angelo Ucheddu, ma non mancano episodi più vivaci, ben rappresentati da quella "
Oclubaria" che guarda maggiormente alla N.W.O.B.H.M. (direi con un occhio di riguardo agli Angel Witch) cui si rifà anche la conclusiva "
Sa Jana", che lascia trapelare anche un'indole psichedelica che evidentemente fa parte del background del quartetto di Oristano.
"
Arkon" porta una ventata di novità in un genere che spesso è troppo chiuso su sé stesso, e non solo per la scelta del cantato in lingua sarda e per l'attaccamento alle loro tradizioni, ma anche - e soprattutto - per la capacità di osare e nell'andare a cercare soluzioni più coraggiose.
Metal.it
What else?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?