Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2024
Durata:47 min.
Etichetta:Doom Symphony

Tracklist

  1. SACRIFITZIU
  2. ARKON
  3. INTREGADU
  4. S'ERCHITU
  5. OCLUBARIA
  6. S'ANDADA
  7. HYPERICUM
  8. INGHIRIOS
  9. SINNOS
  10. SA JANA

Line up

  • Alberto Melis: vocals
  • Italo Pitzalis: guitars
  • Giuseppe Maisola: bass
  • Angelo Ucheddu: drums

Voto medio utenti

Album d'esordio per gli Arkon, formazione sarda che orgogliosamente riversa le proprie origini nelle dieci canzoni che lo compongono. Infatti, sia le nuove composizioni sia quelle recuperate (comunque riarrangiate e riregistrate) dal loro primo MLP "Hypericum", uscito autoprodotto nel 2022 mentre "Arkon" è stato rilasciato dalla Doom Symphony (sussidiaria della Underground Symphony), ci raccontano della mitologia e dei rituali della Sardegna rurale e sono tutte cantate in lingua sarda, con una sua musicalità particolare ma che ben si cala in questo contesto.

Una combinazione vincente, nel caso perfetta per la proposta degli Arkon: un (scopriremo) riuscito mix di Doom ed Heavy Metal classico. Non stupisce quindi imbattersi in tracce di Black Sabbath, Pentagram e Trouble (ma anche qualcosa dei Metallica) sull'opener "Sacrifitziu", dove mi sono venuti in mente anche gli Héroes del Silencio, dato che la voce di Alberto Melis non è poi così distante da quella di Enrique Bunbury, anche per una certa assonanza tra lo spagnolo ed il sardo. Tuttavia, come già anticipato su "Arkon" le coordinate musicali non hanno poi molto in comune con la formazione di Saragoza, quanto piuttosto con la lezione che ci arriva dall'Inghilterra, dalle parti di Birmingham e da Londra. Con la titletrack, come pure "Intregadu", l'arcana "Hypericum", "Inghirios" o "Sinnos" (brani dove aleggia pesantemente lo spirito dei primi Black Sabbath) gli Arkon riescono a coniugare con scioltezza pathos epico e atmosfere doomeggianti, grazie ad un'ottima prova collettiva, dove a distinguersi sono sempre e comunque la chitarra di Italo Pitzalis, sia nei riffs sia in fase solista ed il cantato di Melis.
Altri pezzi si rivelano invece più arcigni, come nel caso di "S’erchitu", tratteggiato dal basso di Giuseppe Maisola e dalle bacchette di Angelo Ucheddu, ma non mancano episodi più vivaci, ben rappresentati da quella "Oclubaria" che guarda maggiormente alla N.W.O.B.H.M. (direi con un occhio di riguardo agli Angel Witch) cui si rifà anche la conclusiva "Sa Jana", che lascia trapelare anche un'indole psichedelica che evidentemente fa parte del background del quartetto di Oristano.

"Arkon" porta una ventata di novità in un genere che spesso è troppo chiuso su sé stesso, e non solo per la scelta del cantato in lingua sarda e per l'attaccamento alle loro tradizioni, ma anche - e soprattutto - per la capacità di osare e nell'andare a cercare soluzioni più coraggiose.


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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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