Massimo risultato con il minimo sforzo, per il super-gruppo formato da
Magnus Karlsson (chitarra, basso e tastiere),
Ronnie Romero (voce) e
Mike Terrana (batteria) conosciuto, da ormai quasi una decina d’anni (come passa il tempo, ahimè), con il monicker
The Ferrymen.
I 3 musicisti, che non hanno certo bisogno di presentazioni e, sulla cui classe innata, nulla si può eccepire, danno vita al quarto disco di questa loro proficua collaborazione musicale, intitolato
Iron Will, uscito, come sempre, per la fedele
Frontiers Records.
Il “nuovo arrivato” in casa
The Ferrymen, si rivela, sin dalle iniziali
Choke Hold, Mother Unholy, o la stessa title-track, per quello che è (e per ciò che si aspetta il pubblico); ossia un lavoro che sa essere, contemporaneamente, melodico ma tagliente, corposo ma intimo e, in cui naturalmente, con degli artisti di questo calibro, anche le doti tecniche dei suoi interpreti vengano esaltate.
Oltre alla consueta miscela heavy-power, ben rappresentata da tracce rocciose e suadenti, come
Adrenaline o
Darkest Storm, ma anche, dalle spigolose
Mind Games e
You’re The Joker, ci si imbatte poi, in qualche estemporaneo (quasi impercettibile) eco folk (nella parte iniziale di
The Darkness That Divides), in orchestrazioni ben arrangiate che aumentano la dose di musicalità delle composizioni e, perché no, anche in qualche (prevedibile) ruffianeria, decisamente patinata (vedasi la zuccherosa
Above It All, o la ballad, dal sapore “avantasiano”,
Dreams And Destiny); il tutto, condito con sapienza, classe e gusto sopraffino, da parte di una band che, una volta ancora, dimostra tutta la sua bravura.
A questo punto il rischio, nel mondo dei
The Ferrymen, in cui tutto sembra essere apparentemente perfetto, è quello di adagiarsi troppo su questo sound, piacevole quanto si vuole, ma basato su refreins di facile presa e decisamente lineare che, nel medio-lungo termine, potrebbe anche rivelarsi ripetitivo sfociando, a lungo andare, nella monotonia, specie quando la durata dell’album, come nel caso di
Iron Will, si aggira intorno all’ora (54 minuti).
Comunque, per adesso i
The Ferrymen possono dormire sonni tranquilli, la formula sembra funzionare bene e quindi, nient’altro da aggiungere; altro centro discografico per il trio
Karlsson-Romero-Terrana che, senza strafare, danno vita al solito bel disco, formalmente impeccabile, anche se forse leggermente troppo laccato e prolisso, ma indubbiamente, di qualità ed elegante.