Copertina 7

Info

Anno di uscita:2025
Durata:41 min.
Etichetta:Pride & Joy Music

Tracklist

  1. EVIL EYE
  2. CALL MY NAME
  3. RICOCHET
  4. PAPER MOON
  5. CIRCUS
  6. FLAMENCO IN THE SNOW
  7. BUG
  8. C'EST LA VIE
  9. PUT SOME LOVE IN THE WORLD
  10. KNOCKING ON A BROKEN HEART
  11. GERONIMO

Line up

  • Mikael Erlandsson: vocals, keyboards, guitars
  • Rasmus Emhborn: guitars
  • Richard Johnsson: drums
  • Mats Up Persson: bass
  • Martin Olsson: bass

Voto medio utenti

A Mikael Erlandsson piacciono i Beatles e i Queen.
Vogliamo fargliene una colpa? Non credo, del resto sono due icone immarcescibili del rock che hanno influenzato e continuano a influenzare infinità di musicisti.
Ora, alla luce di questa “fondamentale” informazione, non dovrebbe sorprendere più di tanto che il suo sesto lavoro solista si rivolga in maniera palese proprio alle suddette leggende della musica.
Poi però, Erlandsson è anche noto per essere una delle voci più autorevoli del rock melodico scandinavo (Last Autumns Dream e Autumns Child, innanzi tutto, da aggiungere a svariate collaborazioni) ed ecco che “The second 1” (titolo che rimanda direttamente a “The 1”, il suo primo solo album) si rivela una gradevole celebrazione dei due monumenti britannici (più il primo del secondo, in realtà …), realizzata da un cantante che conosce altresì i “segreti” dell’AOR più poppettoso e spensierato.
Una “roba”, insomma, da non consigliare a chi ricerca sonorità grintose e inquiete, e che invece possiede tutte le caratteristiche necessarie ad attrarre i cultori della spigliatezza e della “leggerezza”, attributi declinati attraverso una manciata di canzoni piuttosto “radiofoniche”, intendendo il termine con un’accezione adatta pure all’etere contemporaneo.
Prendete “Evil eye” … se i gli Oasis hanno conquistato così tanti fans sfruttando un oculato mélange tra melodie orecchiabili e barlumi psichedelici, perché mai un brano che sfrutta con acume le medesime prerogative non dovrebbe ottenere risultati analoghi? Beh, se escludiamo il “trascurabile” fatto che Mikael Erlandsson è un personaggio meno cool dei fratelli Gallagher, altre plausibili motivazioni non se ne vedono.
Anche la solare “Call my name” si rivolge apertamente ai sixties, mentre con “Ricochet” il clima sonoro dell’opera si trasferisce dalle parti della metà degli anni ottanta, quando un ragazzone del New Jersey di nome John Francis Bongiovi Jr. con alcuni amici dominava le classifiche di mezzo mondo.
Sulla scia dell’affabile e caleidoscopico sound dei Fab Four si collocano pure le delicate ballate “Paper moon” e “C'est la vie”, e le briose “Circus” e “Put some love In the world”, tracce che sfruttano schemi stilistici molto popolari con un certo equilibrio, apparendo piacevolmente adescanti.
Gli influssi latini di “Flamenco in the snow” e “Bug” (brano che potrebbe tranquillamente appartenere al repertorio di una boy-band …) accentuano ulteriormente le velleità “mainstream” di “The second 1” e sebbene il tutto sia gestito con la classe e le abilità tecniche di un eccellente interprete, sinceramente preferisco quando tali prerogative vengono messe al servizio di un songwriting maggiormente vivace, come accade nelle brillanti stratificazioni armoniche di “Knocking on a broken heart” e nelle cadenze anthemiche e vagamente Styx-iane di “Geronimo”, in cui la sintesi tra pop e rock appare maggiormente curata e, soprattutto, “matura”.
Pur potenzialmente idoneo alla conquista di un pubblico piuttosto ampio ed eterogeneo, dubito fortemente che “The second 1” possa essere benaccolto al di fuori della cerchia dei fedeli (e “facoltosi”, vista l’iperattività del loro beniamino) estimatori di Mikael Erlandsson, gli unici che verosimilmente potranno ammirarne le spiccate doti espressive anche in un contesto così “commerciale” … ciò detto, spero vivamente di essere smentito, accogliendo la circostanza come un incoraggiante segno che si è ancora in grado di apprezzare diffusamente la “musica leggera” di qualità.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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