Vultur - Cultores de Perdas e Linna

Copertina 7,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2025
Durata:35 min.
Etichetta:Masked Dead Records
Distribuzione:Falce Press

Tracklist

  1. SU FRASTIMU
  2. ETERNU TRUMENTU
  3. SU SPEGU
  4. FEMINA MALA
  5. ARESTIS
  6. CULTORES LAPIDES ET LIGNEA
  7. UMBRAS
  8. NEMINI PARCO

Line up

  • Attalzu: Vocals, Guitars
  • Lorenzo Balia: Drums
  • Nicola Spaziani: Guitars
  • Maristella Spanu: Bass

Voto medio utenti

I Vultur, noti nella scena Black Metal underground italiana come la prima band del genere ad aver utilizzato testi in lingua sarda, in corsa ormai da circa venti anni, rilasciano, sotto l'egida della Masked Dead Records, in questi giorni di fine febbraio 2025, il loro terzo full-length: "Cultores de Perdas e Linna".

"Cultores de Perdas e Linna", il cui significato è "cultori di pietre e legna" (modo in cui i cristiani definirono dispregiativamente la popolazione Nuragica), è composto da otto canzoni cantate in lingua sarda campidanese, tranne per "Nemini Parco" cantata in italiano e latino, e si muove su costruzioni nere molto aggressive dal taglio diretto e con la presenza di varie sfumature sinfoniche, apparendo come un'eventuale miscela composta da Dark Funeral, Dissection, Marduk e primi Watain, dove, a nostro avviso, trova spazio anche qualche influenza norvegese nel guitarwork proveniente dai Limbonic Art.
L'album si muove su costruzioni veloci e caustiche, in cui gli elementi sinfonici da noi menzionati sono solo un contorno che rende più elegante la struttura portante, e non fattori che vanno a inficiare sulla crudeltà di insieme della loro proposta. Si tratta di un LP davvero solido e dal forte impatto sonoro che, tuttavia, trova la sua forma più alta nei momenti in cui i sardi scalano la marcia, profilando abissi sonori vorticosi e inquietanti, in cui essenziale alla riuscita di tutto ciò risulta l'alternanza del growl allo scream (entrambi su tonalità crude e sofferenti), a cui tra l'altro, il dialetto sardo aiuta non poco a conferire grande potere evocativo.
Forse, se volessimo trovare un difetto, lo si potrebbe ravvisare in alcune minuzie nel catturare i suoni delle chitarre in fase di produzione – risultando a volte non proprio "naturali" –, e nell'assenza di quel coraggio che potrebbe proiettare i Vultur ben oltre le coordinate rassicuranti tracciate dai maestri. In ogni caso, il disco è davvero valido, e ve lo consigliamo ad occhi chiusi.

"Cultores de Perdas e Linna" è un'opera tanto annichilente quanto affascinante... Attualmente il miglior lavoro realizzato dai Vutur.
Anche in Italia la fiamma nera arde alta nel cielo.

Recensione a cura di DiX88

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