Copertina 8

Info

Anno di uscita:2025
Durata:44 min.
Etichetta:Reigning Phoenix Music

Tracklist

  1. ORIGINAL SIN
  2. THE WORLD WAS NEVER ENOUGH
  3. MACHINE
  4. DESOLATION
  5. THE FIX
  6. PARAZITE
  7. MY HEAVEN MY HELL
  8. DENIAL
  9. IGNITE
  10. INVINCIBLE

Line up

  • Jan Hilli: vocals
  • Jörgen Hellström: guitars
  • Marcus Lindman: guitars
  • Janne Karlsson: bass
  • Magnus Larsson: drums

Voto medio utenti

Mi piace tutto dei Days Of Jupiter di “The world was never enough” … il nome e il logo della band, l’artwork del disco e, soprattutto, l’approccio artistico degli svedesi, capaci di mescolare “modernità” e “tradizione” dell’hard n’ heavy con uno spiccato buongusto compositivo e una capacità espressiva realmente coinvolgente.
L’aspetto “increscioso” di quanto appena affermato è che finora, a differenza del popolo di Spotify (che a quanto pare li ha gratificati con milioni di streaming), non avevo mai sentito parlare di un gruppo in attività dal 2010 e artefice di altri quattro album.
Ora, dopo un’ammissione di “colpa” che probabilmente mi costringerà a rivedere (almeno in parte …) il mio giudizio sull’utilità dei servizi di riproduzione digitale della musica, posso concentrarmi con maggiore serenità su un’opera che “spacca di brutto” (aiuto! … un attacco del mood giovanilistico tipico dei Boomer e della Generazione Xok, è passato …), aggredisce i sensi e li soggioga attraverso un’oculata e articolata mistura di tensione e potenza, elaborata con personalità lungo le coordinare sonore di “gente” come Disturbed, Staind e Godsmack, a cui aggiungere qualcosa dei conterranei Evergrey.
Plasmata dalle ispirate interpretazioni di Jan Hilli (una sorta d’interpolazione timbrica tra David Draiman, Russell Allen e Tom S. Englund), la sostanza sonora prodotta dai Days Of Jupiter appare al tempo stesso avvolgente e impetuosa, alimentata com’è tanto da melodie affabili quanto da groove poderosi.
Nulla degno di poter essere definito “rivoluzionario”, si potrà legittimamente affermare, dal momento che affonda le proprie radici nella titolata scuola dell’alternative, ma che tuttavia nelle mani del suddetto vocalist e dei suoi eccellenti compagni d’avventura, suona parecchio “fresco” e comunque mai artificioso, ben lontano dalla sterile riproposizione di formule (arci)note.
Un rilievo evidente fin dal brano d’apertura “Original sin”, un vortice d’inquietudine metallica piuttosto “impressionante”, e poi confermato da una title-track che striscia subdola nei gangli sensoriali e attraverso flussi imponenti di oscura e conturbante energia emozionale finisce per “scuoterli” a dovere.
Machine” è un’altra bella “botta” sospesa tra visionaria drammaturgia e ruggente catarsi, e a ulteriore testimonianza che siamo di fronte alla prova di artisti di spessore arriva “Desolation”, una sofferta ballata elettro-acustica che non può proprio lasciare indifferenti.
Le pulsazioni dark-eggianti e catchy di “The fix” e “My heaven my hell”, così come le aperture enfatiche (vagamente Muse-iane) di "Parazite”, svelano ancora meglio le potenzialità “commerciali” degli scandinavi, molto abili, poi, a gestire il pathos viscerale tipico del genere con intelligenza e classe, intridendo “Denial”, la martellante e cangiante “Ignite” e la possente “Invincible” di un incisivo e calibrato mélange di melodia e livore.
In conclusione, mentre mi riprometto di recuperare quanto prima la “storia” pregressa dei Days Of Jupiter, inserirli, grazie a questo “The world was never enough”, nel novero delle formazioni più interessanti del settore, diventa un vincolo a cui mi sottometto con grande piacere, affidandolo con ferma convinzione alle valutazioni dei nostri lettori.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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