Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2025
Durata:31 min.
Etichetta:Dying Victims Productions

Tracklist

  1. POWERSTRIKE
  2. SILENT THUNDER
  3. HIGHWAY KNIGHTS
  4. CHAINED BY NIGHT
  5. FIRE'S ON
  6. ANGEL OF COMBUSTION
  7. CALL OF THE WIND
  8. DANGEROUS ATTRACTION

Line up

  • Aritz Martinez: vocals
  • Dan Speedhammer: bass
  • Javi Riñones: drums
  • Aritz Yarza: guitars
  • Jara Solís: guitars

Voto medio utenti

Ecco finalmente un nuovo album dei Pegazus, che tornano a noi dopo quattordici anni di silenzio...

E invece no! Sono stato tratto in inganno dal cavallo alato che campeggia sulla copertina, infatti, "Powerstrike" è l'esordio dei baschi Sinner Rage, che comunque al pari dei succitati australiani fanno proprie le sonorità ottantiane e tipiche del Metal Classico, qui rimarcate dall'avvio di "Powerstrike" che ricorda non poco "Running Wild" dei Judas Priest e "The Wicker Man" degli Iron Maiden. Eppure, nel corso dell'album troviamo anche escursioni in territorio Hard Rock, di quello meno patinato, per un binomio che, ad esempio, su "Call of the Wind" e "Dangerous Attraction" vede andare a braccetto Dokken e Ratt con Saxon e Judas Priest. Un approccio che però non funziona sulla confusa e non particolarmente azzeccata "Chained by Night", semi-ballad che nemmeno un bel guitar solo riesce a riscattare completamente. E a proposito di assoli, devo riconoscere che la coppia Aritz Yarza e Jara Solís riesce spesso a piazzarne di vincenti, come poi avviene anche nel corso di "Fire's On", a mio parere il miglior episodio del disco.

Devo, inoltre, ammettere che nel corso dei primi ascolti invece che alla Spagna ero finito con il pensare ai Giappone, a formazioni come i Loudness e gli Earthshaker, un po' per il mood - talvolta ingenuo - delle varie "Highway Knights" o "Angel of Combustion", ma soprattutto per l'approccio e l'accento del cantante Aritz Martinez, il quale ad ogni modo se la cava con disinvoltura e discreti risultati.

Un album onesto e che senza inutili fronzoli riesce a riportarci indietro di almeno una quarantina di anni.


Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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