Per iniziare a commentare i contenuti di “
EvAAve”, il nuovo lavoro sulla lunga distanza dei
Di’Aul, mi avvalgo del titolo della sua traccia d’apertura, riferito a quello che
Federico García Lorca definisce una sorta di forza oscura ed enigmatica che accomuna quegli individui irrequieti e “affamati” di sperimentazione emozionale, disposti a dare libero sfogo alle loro inquietudini attraverso la musica (ma il poeta e drammaturgo spagnolo attribuisce la misteriosa entità anche altre “categorie” artistiche, come attori, toreri e ballerini di flamenco …).
“
Duende” è, dunque, una sorta di “demone” produttivo che i lombardi dimostrano di possedere e i cui ascendenti si esprimono attraverso un
sound ruvido, sulfureo, straziato e ipnotico che rimesta con credibilità e ispirazione nelle acque torbide e limacciose del
doom /
sludge (Black Sabbath, Down, The Obsessed, Cathedral, …), non disdegnando al contempo di concedersi a suggestioni d’estrazione
grunge (magari quello più psicotico e morboso di Alice In Chains e di certi Melvins).
Nasce così, un disco imponente, ma non privo di una sua “affabilità”, dedicato, fin dalla palindroma intestazione, alle diverse sfaccettature del versante femminile dell’universo, represso da una società contemporanea ancora troppo maschilista.
Un monolito di note e rabbiosa reazione alle frustrazioni, insomma, che tiene fede a tutti gli elementi fondativi del settore e tuttavia non scade nell’austero schematismo o nell’ossessiva prosopopea, grazie proprio ad una componente “melodica” subdola e insinuante, capace di “alleggerire” un ascolto comunque immerso nella più cupa e incombente oscurità.
Difficile, in un ambito che fa dell’impatto tetragono un suo carattere distintivo, effettuare delle “sensate” selezioni di merito … mi limiterò pertanto a segnalare, oltre alla visionaria possanza dell’
opener, il magnetismo strisciante e catartico di “
Tar wings”, le vertigini “orbitali” di “
Mad Dalena”, il
pathos denso di “
Succubi et incubi” e l’energia prorompente di “
Geosmina” come i momenti in cui la
band, pilotata dalla voce splendidamente tormentata di
MoMo, ha saputo trasmettermi i flussi più nitidi d’intensità espressiva.
Concludo la disamina di “
EvAAve” rilevando come con i suddetti presupposti, nell’ottica delle “affinità elettive”, fosse quasi quasi “fatale” che i
Di’Aul finissero per collaborare con la
Minotauro Records, un’etichetta che in fatto di competente e fattivo supporto ad una smaniosa elaborazione artistica vanta un
curriculum inattaccabile.
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