Quella dei
Ray Of Light è una “storia” di resilienza e amicizia.
La
band per la pubblicazione del suo esordio ha dovuto affrontare prima gli effetti deleteri della pandemia e poi la scomparsa prematura di
Robby Boebel, co-fondatore, chitarrista e compositore del gruppo.
La volontà ferrea di
Stephan Bayerlein e
Thomas ‘Hutch’ Bauer, sodali di
Boebel fin dai tempi dei (favolosi, soprattutto all’inizio di carriera …) Frontline, ha condotto al reclutamento di
Jörg ‘Warthy’ Wartmann (musicista / produttore / arrangiatore dal
curriculum sconfinato), con il quale, finalmente viene alla luce questo “
Salute”, pubblicato anche nel ricordo dello sfortunato compagno di avventura.
Una determinazione che ovviamente sottende anche la certezza del valore dell’opera, la quale non viene smantellata dall’ascolto di questi dieci eccellenti frammenti di
hard melodico, magnificamente pilotati dalla laringe comunicativa, calda e stentorea di
Gregg Cromack, un “carneade” britannico della fonazione modulata e pertanto la vera “sorpresa” dell’
album.
Musicalmente siamo dalle parti di Whitesnake, Silent Rage, Only Child (e scoprire che a “
Stand up” contribuisce il leggendario
Paul Sabu, conferma l’impressione …), Winger ed FM, a cui aggiungere, in omaggio alla dominante origine geografica della formazione, scampoli di Fair Warning e, fatalmente, degli stessi Frontline.
Forti di un’esperienza e di un’ispirazione espressiva davvero spiccate, i
Ray Of Light irrompono nell’agone della scena melodica con un albo molto appassionante fin dall’atto d’apertura intitolato “
Falling to pieces”, intriso da una forma di virile e avvolgente intensità evocativa, degna dei grandi interpreti del settore.
Le cromature accattivanti della
title-track insistono senza cedimenti nell’operazione di adescamento, alimentata altresì dall’incedere Bon Jovi-
esco di “
Alive” e dalla delizia
adulta “
City of angels”, veramente
chic-osa nella sua avvincente costruzione armonica.
“
Stand up” è un “singolone” passionale e
anthemico che in altri tempi avrebbe fatto faville nelle programmazioni video / radiofoniche di riferimento, e ad un’analoga sorte sarebbe stata destinata pure “
Best of me”, un’altra efficace scheggia di grintosa ed elegiaca seduzione.
Si continua sulle stesse pregiate coordinate sonore pure con “
Falling from grace” (una sorta di fusione tra Whitesnake e certi Kiss) e se la “celebrativa” “
Frontline” ritorna a cavalcare le onde dell’
AOR de-luxe, la pulsante “
Last day” (dai cori vagamente Def Leppard-
iani) certifica ulteriormente le qualità dei
Ray Of Light nel costruire canzoni gagliardamente ammalianti.
E qualora non foste ancora del tutto persuasi della caratura superiore dei nostri, a togliere ogni (improbabile) dubbio arriva l’ineccepibile
charme crepuscolare di “
How long”, una straordinaria “botta” emotiva finale gratificata da un cantato che rimanda alle prestazioni dei
soul providers Steve Overland e
Michael Bolton.
Riprendendo l’
incipit della disamina, aggiungo che la storia dei
Ray Of Light è fatta anche e soprattutto di grande musica … dopo tante difficoltà, un “lieto fine”, insomma, che ha il vantaggio (ma è pure un convinto auspicio …) di essere il primo passo di una lunga ed esaltante parabola artistica.