Se qualcuno mi chiedesse "
Graz, ti piacciono gli Avantasia?" probabilmente sarebbe più onesto e sincero rispondere con un no.
Infatti, a fronte di un profondo amore per i primi due metal opera, di cui ringrazierò sempre l'esistenza non solo per la loro qualità ma anche per avere avuto il merito di riportare
Michael Kiske sulla retta via, devo ammettere che già dal terzo "
The Scarecrow" avevo perso decisamente interesse per la proposta sempre più barocca ed arzigogolata di
Tobias Sammet, preso e contemporaneamente perso dentro un carrozzone che è divenuto cosi importante e remunerativo da mettere in standby pressochè definitivo gli
Edguy, fino a sprofondare sempre più in qualcosa di indigeribile (solo per il sottoscritto ovviamente) fino all'abisso di due lavori come "
Moonglow" e "
A Paranormal Evening with the Moonflower Society" che a stento sono riuscito a terminare una volta per essere poi accantonati, a dire il vero come tutti gli altri, nella libreria.
Con queste premesse mi sono avvicinato alla decima fatica degli Avantasia, questo "
Here Be Dragons", vero cui però nutrivo un briciolo di speranza in più:
le dichiarazioni di Tobias di tornare ad un sound ed un songwriting poco più asciutti e lineari, il primo ad uscire per
Napalm Records dopo tanti anni su Nuclear Blast e quando si cambia etichetta a livelli così importanti non è raro che accada qualcosa, ed infine i pareri dei miei compagni di avventura sul podcast "
Speak of the Devil" che me lo illustravano come uno dei migliori album della loro discografia,
La verità, come spesso accade, è rimasta un po' nel mezzo.
Senza dubbio "Here Be Dragons" è un disco per i miei parametri più apprezzabile degli ultimi (almeno) 15 anni di carriera del rocker di Fulda, ma da qui a sostenere che questo sarà un disco che girerà nel mio lettore a lungo ce ne passa.
Ascoltato come di tradizione senza l'anticipazione di alcun singolo ma nella sua interezza, il decimo lavoro in studio degli Avantasia è un disco eclettico, che spazia da un heavy classic ad un hard rock più cromato e vagamente AOR, dominato da up e mid tempos, senza troppe intromissioni "symphonic" che negli ultimi anni avevano dominato la scena. DI brani lunghi c'è solo la title track che si avvicina ai dieci minuti, tutto il resto si aggira intorno ai 4/5 minuti di durata, e questo è sicuramente un bene.
E poi naturalmente la lunga e consueta lista di ospiti che accompagnano Tobi durante il disco, brano per brano, con
Geoff Tate, Kiske, Tommy Karevik, Ronnie Atkins, Bob Catley, Adrienne Cowan, Kenny Leckremo e Roy Khan. Senza dubbio il solito parterre de roi che ha reso così celebre e vincente il fu progetto Avantasia ed è curioso che il brano che mi ha più convinto dei dieci proposti è stato quello rappresentato dalla frizzante e decisa "
Unleash the Kraken", che è uno dei due che non vede nessun altro dietro il microfono oltre a Sammet.
L'altro è l'opener "
Creepshow", peraltra scelta come primo singolo, che in tutta sincerità se mi fossi piegato anche io all'ascolto spezzato e differito dei vari brani proposti in anteprima mi avrebbe fatto stoppare definitivamente ed abbandonare ogni velleità non solo di acquisto ma anche di ascolto.
Per fortuna il disco già dal secondo brano migliora abbastanza, ma non grazie alle pur ottime prestazioni degli ospiti sopracitati ma proprio perchè i brani sono più validi, con le punte rappresentate dalla title track, con il contributo di Geoff Tate e "
Phantasmagoria" di Ronnie Atkins. Purtroppo anche brani da sonno intenso come la conclusiva "
Everybody's Here Until the End" con Khan e le non irreprensibili "
Avalon" e "
Against the Wind", rispettivamente con la Cowan e Leckremo. Decisamente banali e sorvolabili.
Ed il clamoroso ritorno al power?
A parte qualche sprazzo qua e la', rappresentato da spezzoni della decente "
The Moorland at Twilight", devo dire che non c'è stato e probabilmente non è più nelle corde e nelle intenzioni di Mr. Sammet, anche se ascoltare la voce di Kiske è sempre un bel sentire, seppur lontano dai fasti avantasiani di quella "
Reach Out for the Light" che non è mai uscita dalle mie orecchie e dal mio cuore.
Alla fin della fiera "Here Be Dragons" è un disco che mi ha riappacificato con gli Avantasia, che trovavo assolutamente insopportabili ormai dai tempi di "
The Mystery of Time" ma che già da prima non erano più la mia "cup of tea", ma che verosimilmente entro una decina di giorni uscirà dai miei ascolti per non tornarvi mai più.
Se siete fan acquisiti della band da anni e magari avevate trovato sin troppo prolissi i due ultimi capitoli magari potreste trovare "Here Be Dragons" interessante e più riuscito ma il miracolo decantato decisamente non c'è stato e la scintilla non è scoccata nuovamente.
Un disco carino, ben fatto, che potrebbe essere più che interessante per qualcuno.