Gli statunitensi
Rwake tornano dopo una pausa lunga 14 anni ma con un disco folgorante.
Perchè questo aggettivo? Molto semplice, qui i nostri danno ragione al vecchio proverbio che più il vino invecchia, più diventa buono.
La band ha accolto un nuovo bassista nella persona di
Jeff Judkins (ex
Today Is The Day, ecc.) e si sente ma soprattutto qua abbiamo un elemento progressivo nel senso più vero del termine, ovvero di evoluzione del suono.
Per certi versi durante l’ascolto mi hanno ricordato i
Mastodon dell’era di mezzo per lo sviluppo di alcune intuizioni sonore.
Qui abbiamo lo sludge che schiaccia e comprime con le voci laceranti come nell’apertura “
You swore we’d always be together” ma che al contempo offre aperture acustiche ariose in contrasto pieno per poi proseguire pesantemente ma con chitarre turgide e un senso di travolgimento, come un’onda che sommerge.
La titletrack che segue procede per lo stesso percorso; la batteria offre rullate a profusione, le chitarre che ricamano melodie sulle quali si stagliano screaming rasposi.
Questo moto ondoso rapisce ed è epico per certi versi; il quintetto mostra di saper condensare atmosfere diverse inserendo anche un intermezzo parlato prima dell’assolo con armonizzazione.
Ma il bello deve ancora venire…
Sto parlando del brano più lungo dei sei, durata quasi quattordici minuti di sperimentazione e credetemi ascoltandolo vi estranierete dal resto lasciandovi guidare.
Titolo lunghissimo scelto per questa traccia “
Distant constellation and the psychedelic incarceration”, prima parte acustica con rumorismi vari che pare ispirata ai
Tool per un certo colore delle note e soprattutto una parte parlata che ci guida in questo viaggio.
La parte centrale è un mid tempo dove il parlato è doppiato che anticipa l’intervento deflagrante delle chitarre assieme allo screaming per buttarci nella conclusione dentro un buco nero fatto di distorsioni, ritmi pesanti ed un gorgo di rullate prima dell’accelerazione finale.
Chiude il tutto la brevissima traccia strumentale con pianoforte e chitarre acustiche, delicata e malinconica.
Un disco pazzesco, realmente pazzesco, perché la band segue un flusso sonoro libera di piegare le regole a suo piacimento, questo è un segno di assoluta libertà di evolvere lo sludge ma senza snaturarne l’essenza, forse ho trovato un disco da mettere nella mia top di fine 2025… bravi...
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