I
Perfect Plan non aggiungono nulla di “nuovo” alla grande
Storia del
Rock Melodico.
Nei loro primi tre
album in studio gli svedesi non hanno mai sostanzialmente deviato da un consolidato canovaccio espressivo.
Due considerazioni sicuramente basate su dati oggettivi che mi consentono ancora una volta di mettere in dubbio il valore supremo dell’innovazione in ambito musicale, almeno se rispettare i dogmi della tradizione significa poi produrre straordinarie opere sonore, coinvolgenti, avvincenti e galvanizzanti, di quelle capaci di “svoltarti” una giornata o un periodo in cui il vivere quotidiano appare particolarmente difficoltoso e opprimente.
Senza ovviamente voler sminuire in nessun modo le decisioni ardimentose di chi tenta di rinnovare stili musicali molto rigorosi o cerca di trovare “nuove strade” nelle radicate mappe del
Rock n’ Roll, ritengo altrettanto valevole l’approccio di tutte quelle formazioni che pur frequentando sentieri ampiamente battuti hanno la capacità di renderli enormemente suggestivi, in un itinerario emotivo che consente all’astante di affrontare le stesse inebrianti curve e i medesimi passionali rettilinei come si trattasse della “prima volta” che li si percorre.
Un panorama che si compone grazie ad un
songwriting erudito e ispirato, un’ineccepibile preparazione tecnica e una spiccata sensibilità esecutiva, nobilissimi attributi che i
Perfect Plan esibiscono fin dall’esordio discografico e che in questo nuovo “
Heart of a lion” risultano addirittura rinvigoriti, allontanando fin dal primo contatto le rischiose eventualità della
routine professionale o dell’apatia artistica.
Tutto suona e appare “classico” nei solchi dell’albo, ma è veramente arduo trovare qualcuno più abile degli svedesi a rievocare in maniera così spettacolare e non parodistica quelle atmosfere.
Prendiamo la
title-track che apre la raccolta … chiunque ami i Survivor non può che individuare nel brano il loro influsso, sviluppato, però, attraverso una cultura, una classe e una consapevolezza di “settore” assai rare.
Situazione che si ripete nella successiva “
We are heroes”, dove è l’altrettanto iconico
modus operandi dei Journey ad affiorare tra le pieghe di un pezzo che, sottoposto al contempo ad un “trattamento melodico scandinavo” finisce per entrare “in circolo” in maniera immediata e istantanea.
In “
All night” la voce strepitosa di
Kent Hilli si colora di tinte crepuscolari e
bluesy, trasferendo il clima sonico dalle parti di Whitesnake e Foreigner, e pure qui (grazie anche al contrappunto tastieristico di
Leif Ehlin) credo che neanche il più meticoloso dei
fans dei suddetti
Maestri potrà lamentarsi di una forma di riciclaggio acritico e poco efficace.
Si continua con l’inno vaporoso “
Turn up your radio” e se il clima “mistico” di “
My unsung hero” potrà forse destare qualche piccola perplessità negli ascoltatori maggiormente pragmatici, di certo anche loro finiranno per essere irrimediabilmente conquistati dall’accoppiata di
AOR de-luxe “
Ready to break” e “
Too tough”, “roba” degna di fare bella mostra di sé nella colonna sonora di un
blockbuster cinematografico
ottantiano.
“
Lady mysterious”, la graffiante (e dai tratti melodici vagamente Europe-
eschi) “
Danger on the loose” e la favolosa “
At your stone” tornano a solcare i territori dell’
hard-blues più affabile, mentre “
One touch” si segnala per ammalianti screziature
pomp aggregate ad un
refrain “a presa rapida”, concludendo così le mie stringate annotazioni su un programma privo di vere controindicazioni.
Con “
Heart of a lion” i
Perfect Plan per la quarta volta non riformano il genere e non apportano sostanziali modifiche al loro orientamento stilistico … visti i risultati esaltanti, sfido chiunque a criticarli per tali reiterate scelte artistiche.
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