Il terzo lavoro degli svizzeri
Ghörnt è una sorta di concept incentrato sulle storie di vampiri, fra cui, ovviamente, quella del più famoso di tutti...
Non un argomento particolarmente originale in ambito estremo, visto il numero smisurato di artisti affascinati da tali tematiche, ma neanche, e qui è un po' peggio, una "trattazione" musicale di particolare pregio quella che ci viene offerta in
"Bluetgraf", un album, comunque, più che sufficiente, sebbene privo di spunti "eclatanti" capace di farlo svettare, con decisione, sul calderone delle proposte simili, sebbene qui ci troviamo in ambiti ben distanti da quelli, diciamo, standard.
I
Ghörnt suonano un Black / Death Metal molto violento e
brutale, sottolineo volutamente questo ultimo aggettivo, e lo completano con una componente melodica efficace in alcuni tratti, meno in altri (pochi in realtà), una prerogativa, a mio avviso, che, in ogni caso, risulta l'elemento migliore del lavoro e sulla quale il duo farebbe bene a puntare con più decisione in futuro visto che nelle partiture più feroci, che sono in maggior quantità, l'attenzione dell'ascoltatore, almeno la mia, potrebbe calare per il ripetersi di schemi già sentiti decine di volte.
Gli squarci evocativi, invece, ben cesellati dall'ottimo lavoro della chitarra solista, si fanno apprezzare per ampio respiro ed efficacia, donando al songwriting una marcia in più e testimoniando che, ai nostri, il talento, non manca anche perchè, complice una registrazione eccellente, il muro sonoro creato riesce, nei momenti migliori, a coinvolgerti con il suo mix di intransigenza ed oscura poetica come se Belphegor o Marduk (ma anche Azarath) decidessero di scrivere brani si devastanti, ma molto attenti anche all'animo più sognante di chi si ponesse all'ascolto.
In conclusione, consiglio questo album a chi volesse ascoltare un nome diverso dai soliti, a chi è affascinato dalle tematiche trattate e a chi apprezza il metal estremo, certo non esente da alcune imperfezioni, ma sicuramente evocativo, misterioso e ricco di convinzione come di reale attitudine, quel metal, quindi, lontano dalla plastificazione della massa circostante.
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