Gli americani
Sometime In February provano a colmare quel vuoto lasciato da realtà del calibro di
Nova Collective,
Native Construct e, perché no,
Liquid Tension Experiment con una proposta interamente strumentale a cavallo tra progressive metal e fusion muscolare (
“Palantir”, “Homeworld”).
Episodi spigolosi come
“Mourning Bird” e
“Outside In” si alternano ad aperture sinfoniche degne dei
Wilderun (
“Phantom Sea”), ma nel complesso l’impressione è quella di trovarsi al cospetto di un
guitar hero - nello specifico, il talentuoso
Tristan Auman - sotto steroidi (
“What Was Said”, “Funeral House”).
Gli arrangiamenti elaborati e sontuosi di
“The Bad Fight” e
“Bury You” sfociano nella conclusiva
“There Is Nothing Here But Technology”, titoli di coda di un album onesto ma non troppo originale.
Resisterà alla prova del tempo?
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