Vi dice qualcosa il nome
Tom Holland (e non mi riferisco all’attore britannico che ha interpretato
Spider-Man)? No?
Riproviamo … sono certo che andrà meglio se la stessa domanda ha per soggetto
Michael Angelo Batio.
Ebbene, ben prima che lo
shredder americano sfoggiasse il suo talento su chitarre a doppio, triplo e quadruplo manico (per poi approdare alla corte dei Manowar), era stato proprio il cantante
Tom Holland (membro per un breve periodo degli Steppenwolf e successivamente attivo con i The B'zz) a reclutarlo per la sua creatura musicale
Holland, artefice nel 1985 di questo “
Little monsters”, per il quale si “scomodò” addirittura il famoso produttore
Tom Werman.
Con il contributo di
Joey Cetner e
Brad Rohrssen, il gruppo sforna un piccolo gioiellino “minore” di
hard n’ heavy melodico
yankee, alimentato principalmente proprio dalla brillante sei corde (non ancora “furibonda”) di
Batio e dalla voce granulosa (a tratti vagamente
Hagar-esca) di
Holland , al servizio di un
songwriting piuttosto energico e incisivo.
Si comincia con la pulsante “
Love in on time”, una sorta di “fusione a freddo” tra Journey e
Bryan Adams, e si prosegue con la grintosa “
High life”, entrambe abbastanza “semplici” nelle costruzioni armoniche e tuttavia alquanto “contagiose” nel loro incedere.
Andiamo addirittura meglio con “
Middle of a dream” dalle sfumature Great White / Van Halen-
iane, e dopo la buona “
Border line”, sono la dinamitarda “
Wake up the neighbourhood” (brano che apparve anche nella colonna sonora di “
Girls just want to have fun” … in italiano “
Voglia di ballare”,
filmetto dell’85 con
Sarah Jessica Parker e
Helen Hunt), la cromata “
Sacrifice” e la
power-ballad notturna “
Gotta run” a dimostrare le migliori qualità espressive della
band, in un misto di Dokken, Def Leppard e Le Mans che sono convinto sarà ampiamente apprezzato dagli estimatori del settore.
Il ritmo battente di “
Basics of the bullet”, dell’affabile “
Keep it to yourself” e della poderosa “
I want it” aggiunge altri festosi e
anthemici impulsi sonici ad una raccolta che, nonostante qualche fatale ingenuità e talune disomogeneità, collocava gli
Holland tra le “promesse” della scena, purtroppo impossibilitate dagli eventi a proseguire nel loro percorso musicale.
L’albo è stato ristampato diverse volte e ciononostante è rimasto un po’ ai “margini” nelle preferenze degli appassionati del genere … una collocazione che ritengo poco adeguata al valore artistico e “storico” di un’opera che invece merita una giusta considerazione, e non solo in tempi di diffusa rivalutazione del “passato”.
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