Dopo l'omonimo EP del 2022, esordiscono sulla lunga distanza i tedeschi Dagdrøm con una proposta musicale le cui influenze vanno ben oltre il tradizionale black metal incorporando, infatti, elementi post-metal, grind, death e deathcore per un mix di generi certo originale e difficile da categorizzare in una dimensione ben definita.
"Schauder", nei suoi 50 minuti di durata, ci presenta materiale intricato e tecnicamente impegnativo, caratterizzato da elementi contrastanti: blast beat ferocissimi, complessi pattern ritmici, riff ultra tecnici, breakdown atipici, passaggi dinamici e altri più tranquilli, tecniche vocali varie (con uno scream acido a farla da padrone) e strutture di canzoni ammalianti per quanto sempre contorte, tutto sapientemente mescolato alla ricerca di vera qualità e non di mero onanismo musicale.

L'ascolto dell'album, nonostante il suo essere arzigogolato, scorre via "liscio" poiché i Dagdrøm, magistralmente prodotti da Nikita Kamprad (Der Weg einer Freiheit), sciorinano armonie che colpiscono dure, ti avvolgono con le loro aritmie come in un nervoso abbraccio di desiderio, riescono ad emozionare poiché sanno toccare le corde giuste nell'animo di chi li ascolta, e, soprattutto, dipingono musica come su una tela dai colori accecanti, magniloquenti, selvaggi ma follemente ricchi di tutte quelle sfumature capaci di lasciarsi ricordare a lungo e con brividi di piacere.
"Schauder" è un lavoro profondamente, e realmente, estremo: nei contenuti, nella sua rabbia, nelle sue peripezie, per le improvvise aperture dal respiro smisurato, per la sua assoluta mancanza di stereotipi, e per una carica quasi primordiale che vi distruggerà senza remore per riportarvi nell'alveo materno verso la vera essenza delle vostre vite.

Questa, cari miei, è musica con la M maiuscola.
Musica per pochi, forse, ma arte dalla quale farsi trasportare lontanissimi e per la quale spellarsi le mani in un fragoroso applauso di compiacimento.

Spettacolo allo stato puro.