Sei anni sono passati dall'ultima fatica in studio dei riminesi
Ancient Bards, ed effettivamente no si può dire che l'essere prolifici sia una della caratteristiche principali del gruppo nostrano. Logicamente però, sempre meglio mettere davanti la qualità del singolo prodotto alla pubblicazione non stop di album che, a lungo andare, potrebbero risultar come fotocopie di fotocopie.
'Artifex', in questo senso, cerca di posizionarsi nella discografia della band come un nuovo punto di partenza dopo la seconda parte della
'Black And Crystal Sword Saga', uscita nel 2019 per l'appunto. Con una lineup sempre stabile, l'intento era quindi quello di ripartire con sonorità sempre affine al marchio Ancient Bards, ma che si estraniasse dalla doppia uscita citata poc'anzi. I riferimenti musicali sono sempre quelli a cui i cinque sono legati, ossia il symphonic power metal di gruppi come Rhapsody, ingigantendo il tutto e virando molto di più sul lato cinematografico, andando pertanto molto più vicini a quelli del periodo post 'Dawn Of Victory', mettendoci però dentro anche influenze di altri come Xandria ed Epica.
Diciamo da subito che l'assimilazione di un album del genere non è certamente improvvisa. Vuoi per la durata sicuramente consistente, poco oltre l'ora, ma anche per la moltitudine di sfaccettature presente nelle varie canzoni, mi viene ad esempio una
'The Empire of Black Death', dove dalla parte centrale in poi si possono apprezzare tutti i vari elementi che il gruppo ha voluto mettere all'interno dell'album. C'è poi spazio anche per la consueta ballad dove la voce di
Sara Squadrani dà il suo meglio, parlo di
'Unending', e che mostra (a parere di chi scrive) paradossalmente molto più carisma rispetto a canzoni dal piglio più veloce ed immediato come può essere
'My Blood and Blade'. Va detto però che in questi casi l'ambivalenza con il growl di Simone Bertozzi, presente anche alla chitarra ritmica, riesce ad assemblare bene il tutto. Nonostante capiti qualche passaggio che vuole apparire come "pesante", non necessario, come su
'Mystic Echoes', un assoluto elogio va fatto a Claudio Pietronik per l'eleganza e la potenza negli assoli di tutto il disco, veramente una delle punte di diamante di
'Artifex'.
Quindi, a conti fatti, un disco che nonostante conti qualche passaggio troppo allungato e non necessario, mostra per almeno 3/4 un songwriting davvero ispirato e per nulla stanco, anzi. Ne è passato di tempo, ma se i risultati continuano ad essere questi, direi che non ci si può per niente lamentare.
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