Il caso vuole che io abbia recentemente riascoltato
“Question Mark”, pregevole lavoro di
Neal Morse uscito nel lontano 2005 che in poco meno di un’ora evidenziava tutto il suo talento di compositore e interprete.
Esattamente 20 anni dopo, l’instancabile profeta del progressive a stelle e strisce mette insieme l’ennesimo supergruppo di veterani del rock (tra cui spicca un certo
Chester Thompson, storico batterista dei Genesis sul palco al fianco di Phil Collins) con i quali si diverte a riproporre una formula che, ahimè, con il tempo non è cambiata poi così tanto.
È questo il limite principale di
“Deep Water”, un album che comincia bene con
“The Heart Of Life”, con la sua introduzione strumentale a cavallo tra Brand X e Dixie Dregs che sfocia velocemente nel caratteristico “Morse-sound” epico, muscolare, orecchiabile e nostalgico quanto basta.
“Time To Fly” strizza l’occhio al funk e al soul di Stax e Motown, mentre
“I Won’t Make It” è una ballad un po’ insipida dalle tinte pop e mainstream. Va meglio con
“Walking In Daylight”, che ha qualcosa del neo-prog più disimpegnato degli anni Ottanta, prima dell’indigesta e interminabile titletrack, dove emerge con forza quella componente teatrale e “divina” figlia delle recenti opere rock firmate da Neal per
Frontiers.
Un piacevole disco di mestiere, con tutti i pregi e i difetti del caso.
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