Nel momento in cui scrivo gli
Harem Scarem si stanno verosimilmente preparando per calcare il palco del (redivivo!)
Frontiers Rock Festival e come se non bastasse la già enorme delusione per non poter partecipare all’evento nel suo complesso, mi accorgo di quanto mi sarebbe piaciuto ascoltare qualcuno dei pezzi di questo “
Chasing euphoria” sottoposti ad un confronto diretto con i tanti gioiellini sonici che i canadesi hanno saputo sfornare durante la loro sfavillante e corposa militanza melodica.
L’impressione è che non sfigureranno per nulla, magari senza soppiantare certi
top-hit nel cuore dei
fans, ma nemmeno risultando una sbiadita e
routinaria riproposizione di temi noti.
In fondo, come abbiamo imparato in questi anni di ritorni più o meno ispirati e di veterani del
rock n’ roll alle prese con la piena “maturità” della loro parabola artistica, ai luminari del genere nel 2025 si richiede almeno una forma di integrità e credibilità espressiva in grado di rendere irrilevante anche la riconoscente “benevolenza” dei loro più devoti ammiratori.
Beh, gli
Harem Scarem hanno saputo raggiungere tale risultato e fare molto di più, sfornando, anche solo limitandosi a prendere in considerazione il lasso di tempo dal rientro sulle scene (2013) ad oggi,
album sempre molto appaganti e vivaci, fino all’acme di “
Change the world”.
Ebbene, anche se il disco precedente rimane il migliore dei tempi recenti, “
Chasing euphoria” lo tallona da vicino, confermando quanto la
band abbia conservato quella vitalità compositiva che rende il lavoro dei consumati interpreti del settore ancora efficace e “fresco”.
Mantenere al contempo un’indiscutibile brillantezza esecutiva e interpretativa contribuisce sicuramente all’incisività di un albo che fin dalla sua
title-track trasporta l’astante nel favoloso universo degli
Harem Scarem, un luogo dove si combinano i crescendo corali dei Def Leppard e il graffio melodico di
Bryan Adams, con quest’ultimo che in “
Better the devil you know” s’incastona con suggestioni di marca Bad English e, perché no, con appena un pizzico di Foo Fighters ad affiorare dall’impasto sonico.
Qualche citazione al contorno per segmenti musicali che in realtà sono parte integrante del tipico
trademark dei nostri, capaci, con le fascinose pulsazioni di “
Slow burn” di contagiare all’istante l’ascoltatore appassionato, conquistato pure dalle cadenze
bluesy di “
Gotta keep your head up”, da cantare assieme a
Darren Smith, eccellente coadiutore vocale di un sempre straordinario
Harry Hess.
La
ballatona “
World on fire”, pur molto “classica”, mette a dura prova anche gli animi meno sensibili, così come “
Bad way” e “
Reliving history” sfruttano strutture armoniche abbastanza convenzionali per espugnare i sensi di tutti gli
AOR-sters impegnati all’ascolto.
Classe, intelligenza e innata attitudine sono gli elementi che fanno la differenza anche nei frangenti apparentemente più “interlocutori”, attributo che certamente mal si addice alla grintosa e vagamente “attualizzata” “
A falling knife” (pezzo che potrebbe nuovamente piacere anche agli estimatori di D
ave Grohl & C.) e che invece potremmo utilizzare per definire “
Understand it all”, solo gradevole nel suo svolgimento vellutato, dalle sfumature
rootsy.
“
Wasted years” è un modo splendido per chiudere un albo degli
Harem Scarem, abilissimi nel colorare di dinamismo e di mirabili stratificazioni canore melodie intriganti e coinvolgenti.
Mentre attendo che qualcuno confermi (o smentisca, circostanza molto improbabile …) le tesi con cui ho aperto questa disamina, non mi resta che consigliare convintamente “
Chasing euphoria” a tutti i
cacciatori di euforia melodica di
Metal.it … da queste parti ne troverete tanta e di eccelsa qualità.