Sicuramente lo Stige non scorre per le vie di Atene, ma il Metal da quelle parti pare regnare incontrastato. Non stupisce quindi trovarsi di fronte all'album d'esordio dell'ennesima band che arriva dalla Grecia: gli
Stygian Path, un quintetto formatosi tre anni fa proprio nella capitale della Repubblica Ellenica.
Prima di giungere a "
The Lorekeeper" gli
Stygian Path hanno affrontato un lungo viaggio che li ha visti non solo toccare le coste e le città del Vecchio Continente, condividendo serate attorno al fuoco con i Blind Guardian e scorrazzando per le Lande degli Immortali accompagnati dai Rhapsody, ma anche spingersi sino al Nuovo Mondo, dove si sono abbeverati alla fonte dei Manowar, Warlord e degli Iced Earth.
Tutte queste avventure li hanno poi indubbiamente accompagnati nella realizzazione del loro primo album e se ne possono trovare tracce, in ordine sparso lungo i vari episodi che compongono "
The Lorekeeper", anche se credo che l'influenza dei bardi di Krefeld sia quella che più si fa sentire, come testimoniano ad esempio "
Tides of Time" e "
The Wanderer", per un accostamento sostenuto anche da una certa assonanza tra la voce di
Panos Babilis e quella di Hansi Kürsch.
E' comunque l'incedere epico e coinvolgente di un'evocativa "
Prometheus" che ci accoglie non appena sfuma il superfluo "
Prelude" introduttivo, e se poi la marziale "
Tides of Time" ribadisce le influenze succitate, soprattutto nel chorus e nel break acustico (pur con qualcosa dei Falconer), ecco che "
Rhapsody XXII: the Eagle and the Lion" si avvia acustica e vagamente mesta per poi imboccare un passo solenne e incalzante che mi ha fatto venire in mente i The Lord Weird Slough Feg ma anche i Primordial. Dopo la già menzionata (e largamente ispirata alle atmosfere di "Somewhere Far Beyond") ballata folk "
The Wanderer" ecco che "
Unholy Land" ci riporta al Metal intenso e maestoso già messo in mostra con "
Prometheus", dove gli
Stygian Path si esaltano nel lungo break strumentale che scopriamo spadroneggiare su questo brano, e si può apprezzare anche un'ottima resa sonora, pulita e dinamica, curata da
George Emmanuel (anche chitarrista dei Lucifer's Child) presso i Pentagram Studio in Atene.
Spazio al latino nell'attacco di "
Le Chateau du Deuil" che, al di là del suo titolo in francese, viene poi cantata in inglese - e alla grande aggiungerei - da un
Panos Babilis ben supportato anche a livello corale, e sebbene qualche passaggio forse meritasse di essere snellito per rendere il tutto più efficace, siamo sempre di fronte ad un altro ottimo episodio, che passa il testimone allo strumentale "
Path to Exile" che il compito di congedarci (spero solo momentaneamente) dagli
Stygian Path con le sue melodie sognanti ma anche vagamente inquietanti.
Non fatevi trarre in inganno dai tanti paragoni che ho utilizzato nel provare a descrivere "
The Lorekeeper": gli
Stygian Path sono assolutamente in grado di farcela con le proprie forze e - aggiungerei - in maniera superba.
Metal.it
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