Con
"Solitary Forest Necromancy" – che verrà rilasciato a luglio 2025, tramite la
Iron Bonehead Productions – secondo capitolo della discografia degli statunitensi
Azathoth’s Dream, ci troviamo di fronte a un'opera di Black metal atmosferico estremamente suggestiva e intensamente condensata. Il disco, dalla durata contenuta (circa 35 minuti), si rivela fin da subito denso di pathos emotivo, affondando le radici in un immaginario oscuro e crepuscolare, dal forte potere evocativo.
La voce, come vuole una certa tradizione della fiamma nera dai toni Depressive, resta spesso leggermente defilata nel mix, contribuendo a creare un’aura spettrale e dolente. Tuttavia, ciò che più colpisce non è tanto la disperazione quanto il trasporto: un sentimento vibrante, quasi lirico, che permea ogni traccia catturando l’ascoltatore in una spirale di mestizia e incanto.
Pur trattandosi di un album atmosferico, la scrittura dei brani è tutt'altro che statica: i riffs di chitarra si fanno spesso dinamici, ricchi di variazioni e spunti melodici orecchiabili, con inserti quasi rockeggianti e strutture che in certi momenti flirtano con il Post-rock. Lo zenith del guitarwork viene invece raggiunto negli arpeggi sinistri e ammalianti che introducono alcune canzoni, o che svolgono il ruolo d'anello di congiunzione tra i loro vari passaggi. Gli assoli, sempre misurati e ben inseriti, accentuano il senso di narrazione interiore, donando luce a un paesaggio sonoro altrimenti plumbeo e talvolta sanguinario.
L'uso dei synth è sapientemente dosato: non ridondante, ma avvolgente e funzionale alla costruzione di quell'alone mistico che rappresenta forse il fulcro emotivo dell’intero lavoro. A tratti, si percepiscono persino timbriche che rimandano a strumenti acustici o sinfonici, in particolare nelle trame più rarefatte e sognanti, che ricordano l’incanto onirico di
"Drep de kristne" (1996) dei
Troll.
A livello stilistico,
"Solitary Forest Necromancy" potrebbe essere descritto come un punto d’incontro tra i
Forgotten Woods, il
Burzum più meditativo, i
Parnassus, i vampirismi dei
Gehenna di
"Seen Through the Veils of Darkness (The Second Spell)" (1995), e i primi due album dei
Satyricon.
L’opera, pur breve, lascia un’impronta duratura: calda, spirituale, malinconica. Un viaggio interiore nelle brume di un misticismo necromantico, dove ogni nota sembra parlare di un altrove arcano e irraggiungibile.
Ad avviso di chi vi scrive rappresenta un notevole passo avanti rispetto al debutto.
Dentro
"Solitary Forest Necromancy" troverete tutto il potere di fascinazione scaturente dalla purezza della nera fiamma.
Recensione a cura di
DiX88
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