Inutile nasconderlo … l’analisi del primo
full-length degli
Skräcken è stata anticipata da un pizzico di “pregiudizio”, che mi aveva fatto dubitare del valore espressivo dell’ennesima testimonianza musicale di un gruppo scandinavo votato ai suoni ossianici della
NWOBHM e del
doom, pilotata da una voce femminile.
Un
trend ormai talmente diffuso da alimentare fatalmente perplessità e congetture, rendendo meno “propenso” all’ascolto anche il più devoto degli estimatori del genere.
Come spesso accade quando una “moda” conquista il proscenio, a dirimere ogni eventuale controversia, al netto della fondamentale idoneità esecutiva, subentra la “autenticità” della proposta, quell’imperscrutabile attributo che, nello specifico, consente all’astante di essere avvolto da vibrazioni emotive sinistre e occulte, ponendolo in uno stato di profondo turbamento.
Beh, “
Echoes from the void”, magari dopo qualche iniziale difficoltà, arriva a trasmettere proprio le medesime sensazioni che The Oath, Jex Thoth, Lucifer e Avatarium hanno saputo esporre così bene lungo il loro seminale percorso artistico, capace di sondare i meandri più reconditi e ancestrali dell’animo umano.
In tale contesto assume importanza vitale il ruolo della “sacerdotessa” del rituale, ed ecco che
Sofie-Lee Johansson (ex Night Viper) si disimpegna in maniera efficace tra le ambientazioni sonore foriere di perniciose vicissitudini, supportata nell’impresa da un manipolo di musici piuttosto a loro agio nell’operare tra le fascinose spire del crepuscolo.
Un ambito in cui insinuarsi con una certa “circospezione”, dal momento che (dopo l’
intro “
Demoner utan ögon”) la bieca ed evocativa “
By his word” e la scattante e obliqua “
House of greed”, pur complessivamente alquanto valide, non riescono a stimolare del tutto quel senso di “sublime inquietudine” che rappresenta il vero ago della bilancia della situazione.
Bisogna infatti aspettare la ballata “
Witch”, con le sue sfumature
folk-ish, per assistere alla piena attivazione del suddetto brivido emozionale, percezione che una volta innescata fa sentire i suoi provvidenziali effetti anche nell’ammaliante “
Her presence” e, soprattutto, nella suggestiva “
Sweet silence”, pulsante di cupa tensione espressiva.
Immagini sonore esotiche e tribali alimentano “
Visions of fire”, un altro momento degno di nota della scaletta di un albo che con l’incalzante e liquida “
The ghost of society” allenta leggermente la presa emotiva, per poi recuperarla nella conclusiva “
Wasteland”, in cui il cantato magnetico della
Johansson intride di
pathos le tinte fosche e spettrali di un grande frammento musicale.
Gli
Skräcken di “
Echoes from the void”, a tratti ancora un po’ “didascalici”, dimostrano tuttavia di possedere gli strumenti e il talento necessari a sviluppare proficuamente una tendenza stilistica ad elevato rischio di apatica “omologazione” … per ora si conquistano la qualifica di “promettenti”, accompagnata dall’impressione di poter scommettere con sufficiente confidenza su una loro felice maturazione artistica.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?