Per quanto riguarda il southern rock ho già commentato i lavori di due delle grandi “famiglie” che hanno segnato la storia di questo genere: Lynyrd Skynyrd ed Allman Brothers Band. Ne manca quindi una terza, forse la meno internazionale di tutte perché più profondamente radicata sia musicalmente che culturalmente nell’humus confederato: The Marshall Tucker Band.
Almeno qui da noi certamente meno conosciuta dei colleghi citati ma inossidabile icona in patria, con questa formazione completiamo la mitica triade indispensabile per chi intende avvicinarsi al southern.
Se i Lynyrd interpretano il volto duro e roccioso del rock sudista e la Allman Band quello blues e jammistico, la Marshall ne rappresenta quello country e romantico imbevuto di tradizione puramente Americana e completo di immaginario western come gli States l’hanno tramandato: cavalli e cow-boys, prateria e notti stellate, libertà ed amori indistruttibili, scenografie magari non del tutto realistiche ma che il gruppo ha sempre fieramente esibito.
Originari di Spartanburg, piccolo centro del South Carolina, nascono per iniziativa dei fratelli Toy e Tommy Caldwell, freschi reduci del Vietnam, e debuttano con l’album omonimo nel 1973. Negli stati del Sud il successo è immediato e travolgente grazie ad un rock che privilegia l’aspetto morbido ed elettroacustico rispetto all’irruenza ruvida dei colleghi, unendo con eccellente abilità tecnica elementi hard, blues, boogie, con le più classiche e melodiche radici country, aggiungendo qualche pennellata jazz rappresentata dai fiati di Jerry Eubanks. Una miscela personale ed originale che trascina subito il gruppo a rivaleggiare con gli altri colossi del settore, concretizzandosi in canzoni dal ritmo swingato ed arioso, struggenti ballate bucoliche ed avvolgenti improvvisazioni rockblues, in breve tempo divenute veri e propri inni della filosofia di vita della gente sudista.
La loro produzione discografica per tutto il decennio ’70 si attesta su livelli costanti ed elevati, ma “Searchin’for a rainbow” è forse il lavoro più rappresentativo fin dall’indimenticabile cover con il cow-boy volante ideata da Ken Featherston. Un’opera che trasmette serenità e poesia in ogni nota, un feeling dolce e nostalgico che può evocare soltanto immagini di natura incontaminata e solitari tramonti infuocati, una disposizione mentale agli antipodi delle furiose isterie metropolitane di tanto rock duro.
In effetti quest’album rientra davvero a fatica nel filone hard, ed anche nello stesso southern se inteso come chitarroni ruvidi e vocioni alcoolici. La componente country è nettamente prevalente, i toni sono leggeri e gentili, l’atmosfera romantica e rilassante, il violino e le tastiere degli ospiti illustri Charlie Daniels e Chuck Leavell trasportano il sound in una dimensione antica e profondamente rurale fin dall’iniziale “Fire on the mountain”, uno dei più popolari anthem della band. Da sogno e commozione la love-song “Virginia”, incrollabile amore al tempo dei pionieri, mentre “Walkin’and talkin” e “Bob away my blues” sono pigri e levigati southern-blues che profumano di giornate assolate spese ad oziare spensieratamente in riva al fiume.
Se la melodia della title-track appare delicata come un alito di vento e resta uno dei più bei brani di questo genere, “Bound and determined” e la celeberrima “Can’t you see”, qui in versione live ed elettrica, illustrano l’aspetto improvvisativo e più robusto della Marshall Tucker Band.
Protagonista diventa il particolare “picking” di Toy Caldwell ed i suoi assoli passionali e toccanti, che garantiranno una meritata fama di live-band nel corso degli anni.
Un disco emozionante, pieno di amore verso la propria terra, dipinta con i colori chiari e tenui della primavera e raccontata con il trasporto di un sentimento vero. Non è il southern rozzo e caciarone che tanti aspettano con il sorrisetto ironico sulle labbra, a dimostrazione che qualsiasi genere rock può produrre lavori di fine qualità se c’è classe e seria ispirazione, caratteristiche che alla Marshall Tucker Band non sono mai mancate.
Per chiudere il discorso bisogna purtroppo dire che anche questa formazione ha seguito la sfortunata consuetudine dei gruppi sudisti di subire vicende tragiche, infatti nel 1980 un incidente stradale si è portato via Tommy Caldwell mentre il fratello Toy è scomparso quattordici anni dopo per problemi cardiaci, chiudendo di fatto la storia di questa grande southern band anche se tutt’ora alcuni vecchi componenti si ritrovano talvolta per esibizioni all’insegna della nostalgia.
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