Fin dai loro esordi nei primi anni '80, i
Sodom hanno rappresentato una delle incarnazioni più feroci e iconiche del metal tedesco. La loro carriera, lunga oltre quattro decenni, si è snodata attraverso mutamenti stilistici anche radicali, conservando però sempre intatta una visione brutale, apocalittica e, salvo qualche eccezione, priva di compromessi del Thrash metal.
Il primo periodo, tra il 1984 e il 1986, è quello in cui la band — guidata fin da subito dal bassista e cantante
Tom Angelripper — si afferma con un suono primitivo, grezzo e profondamente ispirato da
Venom,
Hellhammer e dai primissimi
Slayer. L’EP
"In the Sign of Evil" (1985) e l’album
"Obsessed by Cruelty" (1986) non a caso sono oggi abitualmente considerati come degli antesignani del Black metal: la produzione volutamente rozza, i testi satanici e la furia incontrollata delle composizioni ne fanno ormai da decenni materiale di culto per i fan dell’underground estremo.
Una svolta significativa arriva con l'ingresso in formazione del chitarrista
Frank Blackfire, figura centrale nella seconda fase della band, che va dal 1987 al 1989. Con lui, i
Sodom iniziano una vera e propria transizione verso un Thrash metal più tecnico, marziale, organizzato e meno incentrato su tematiche sataniche e atmosfere oscure. Album fondamentali come
"Persecution Mania" (1987) e soprattutto
"Agent Orange" (1989) testimoniano questa maturazione: virando le tematiche dal satanismo più stereotipato ai conflitti bellici e alla critica socio-politica, affinando inoltre il songwriting e la perizia in fase di produzione. LP questi –
"Agent Orange" in particolare – che consacrano i
Sodom come uno dei “big three” del Thrash tedesco assieme a
Kreator e
Destruction.
L’uscita di
Blackfire, alla fine degli anni '80, apre una fase più instabile, tra il 1990 e il 1995, nella quale i
Sodom esplorano vari territori sonori.
"Tapping the Vein" (1992) – venuto dopo lo scialbo
"Better Off Dead" (1990) – aggiunge elementi Death metal, mentre
"Get What You Deserve" (1994) e
"Masquerade in Blood" (1996) flirtano con influenze Hardcore punk e Groove metal. Si tratta di un periodo di ricerca, stilisticamente meno coeso, che seppur non privo di spunti interessanti, vede una certa mancanza di rabbia viscerale che sempre è stata il marchio della band, oltreché in generale di ispirazione compositiva.
Verso la fine degli anni '90, con l’arrivo del chitarrista
Bernemann e del batterista
Bobby Schottkowski, i
Sodom ritrovano una certa solidità. È l’inizio di un nuovo ciclo incentrato sul ritorno alle radici Thrash – anticipato dall'eterogeneo e poco entusiasmante
"Til Death Do Us Unite" (1997) – supportato però da una produzione al passo con i tempi e da una maggiore consapevolezza tecnica rispetto agli esordi. Dischi come
"Code Red" (1999) e
"M-16" (2001) – quest’ultimo dedicato interamente alla guerra del Vietnam, e tra i preferiti di chi vi scrive – mostrano una formazione più matura ma ancora perfettamente capace di colpire duro e soprattutto ispirata.
Seguirà un periodo di album fortunati, quale più quale meno, e dal taglio "moderno" pur restando in ambito pienamente Thrash, come l'omonimo
"Sodom" (2006),
"In War and Pieces" (2007),
"Epitome of Torture" (2013) e
"Decision Day" (2016).
Il 2018 segna un anno cruciale per i
Sodom odierni, in quanto vede il ritorno dello storico chitarrista
Frank Blackfire, insieme con l’aggiunta del secondo chitarrista
Yorck Segatz e del batterista
Toni Merkel (la prima volta che il gruppo si presenta con line-up a quattro). Questo cambio strutturale ha un impatto immediato: nel 2020 esce
"Genesis XIX", un album che personalmente ho gradito, seppur senza grandi entusiasmi, il quale sembra riuscire a fondere l’aggressività cruda degli esordi con una visione moderna, sia nella produzione che nella scrittura che diviene più articolata.
Dopo questo lungo preambolo, arriviamo così al presente. Il nuovo album,
"The Arsonist", in uscita il 27 giugno 2025, tramite la
Steamhammer, si inserisce nel solco tracciato negli anni '80 da dischi come
"Persecution Mania" e
"Agent Orange", con l'unione della maggiore complessità del guitarwork data dalla formazione a due chitarre già sfoggiata in
"Genesis XIX".
Tuttavia a mio avviso, soprattutto in questa sede, i
Sodom non riescono a guadagnare grandi vantaggi dalle due asce, poiché sembra di aver a che fare con brani stilisticamente studiati per un trio e semplicemente riadattati alla "nuova formazione", nonostante vi siano episodi felici come la slayeriana
"Trigger Discipline" e qualche altro momento sparso qua e là nella tracklist.
Purtroppo nell'insieme
"The Arsonist" appare come un semplice disco di mestiere dove i
Sodom si limitano a riproporre i cliché dei loro classici cavalli di battaglia – pur senza rinunciare ad alcuni degli elementi più moderni introdotti nelle recenti releases, oltreché a una produzione attuale – e per giunta con una certa stanchezza e carenza di mordente. I tedeschi pestano sull'acceleratore con le loro tipiche dinamiche quadrate, inserendo poche variabili e proponendo mid tempos rocciosi ma dal sapore assai stantio. Per carità, non sono assenti anche momenti pregevoli come la già citata
"Trigger Discipline",
"Witchhunter" o
"A.W.T.F", tuttavia da un gruppo del calibro dei
Sodom mi aspettavo molto di più e, soprattutto, reputo "imperdonabile", l'assenza di rabbia vera e genuina, cosa che al buon
Tom Angelripper non è mai, o quasi, mancata.
A mio avviso,
"The Arsonist" è una delle prove più basse dei
Sodom che, purtroppo, già dal rilascio di
"Decision Day" (2016) iniziavano ad accusare una certa stanchezza. Comunque sia, per quanto mi riguarda, niente può scalfire l'amore incondizionato che nutro per loro.
Recensione a cura di
DiX88