Le sonorità dell’esordio solista di
Diego Petrini - già batterista e tastierista de Il Bacio della Medusa, una delle realtà progressive nostrane più apprezzate in tutto il mondo - sono davvero tante e sapientemente dosate.
Il concept strumentale bipartito sulla dicotomia Natura/Artificio, con il pianoforte di Petrini a dettare la linea, è radicato nel jazz più contaminato e cinematografico nell’approccio che spazia da Ennio Morricone (
“Come In Mare Le Onde”) a Lalo Schifrin (
“Etere”).
Le influenze progressive emergono con diverse sfumature, dalla canterburyiana
“Immagini Al Tramonto” alla nervosa
“La Plastica” (che mi ha ricordato lo stile di Hugh Banton dei Van Der Graaf Generator), passando per il minimalismo romantico a cavallo tra Nyman e Wakeman di
“Fragole Di Cinabro”, gli ostinati emersoniani di
“Antropomorfa” e il pianismo più intimo alla maniera di Dave Greenslade di
“Mimesi”.
Classica, etnica, folk e RPI si alternano senza soluzione di continuità nelle validissime
“Alla Deriva”, “Macchia Verde” e
“Sublimazione”, mentre la più lineare
“Sangue Freddo” è l’altra faccia della medaglia di
“Ciò Che Trascende”, unico brano cantato, magistralmente interpretato dalla storica voce dei Jumbo
Alvaro Fella.
Wow.
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