Quando escono dischi come questo “
Le donne magiche” recupero un po’ di “fiducia” nei confronti del
business (se così vogliamo chiamarlo …) musicale, non sempre particolarmente bendisposto quando un gruppo “metal” usa la lingua italiana per le sue espressioni artistiche.
Aggiungiamo che stiamo parlando di una
band che mescola in maniera tutt’altro che superficiale
doom,
prog e
folk, intridendo il risultato sonoro di contenuti lirici altrettanto radicati e significativi, ed ecco che la questione si “complica” in maniera ulteriore.
Fonte di questo ottimismo sono, innanzi tutto,
La Janara, artefice dell’opera, e la
Black Widow Records, del resto ben nota per la sua competenza e attenzione nei riguardi dei suoni oscuri e “non condiscendenti”.
Concentrandosi sul nuovo albo degli irpini e conoscendo il loro pregevole passato artistico, mi sento di affermare che “
Le donne magiche” è un ulteriore passo avanti in fatto d’incisiva forza espressiva, impossibile da arginare grazie alla voce “stregonesca” di
Raffaella Càngero (per la cronaca, in quest’ambito stilistico, la mia attuale preferita in fatto di “
female vocals” …) e alle chitarre policrome e alle fascinose composizioni di
Nicola Vitale (valido anche nel cantato / recitato di “
Domens”), protagonisti di una rappresentazione in cui
Rocco Cantelmo,
Giovanni Costabile e
Antonio Laurano sono tutt’altro che semplici comprimari.
Da tale rilevante “affinità elettiva” scaturiscono cinquanta minuti di pura sapienza comunicativa ed evocativa, che ha come tema portante la celebrazione del potere vitale delle donne, in cui l’amore, superate le sofferenze, risorge con prepotenza intriso della sua ancestrale miscela di carnalità e romanticismo.
In questo caso, è proprio la componente “fisica” della situazione ad emergere con intensità nei solchi di un albo che fa della prorompente vigoria emozionale e sonora la sua chiave di volta, ammantandola di quel suggestivo mosaico fatto di tinte spettrali e melodie lontane nel tempo che contraddistingue
La Janara fin dalla sua prima apparizione sulle “scene”.
L’
opener “
Serpe”, con gli arabeschi delle chitarre e i chiaroscuri vocali della
Càngero a costruire una personale “revisione” del
metallo caliginoso, è la prima testimonianza del suddetto approccio, confermato pure nella narrazione da “ballata campestre” di “
Le castagne non cadono più”, grondante di “femminile” possanza.
“
Io sono la strega”, poi, potremmo davvero definirla una “dichiarazione d’intenti” a tutto tondo, mentre in “
Piangeranno i demoni” a prendere il sopravvento è un’armonia aulica e magnetica, che si stempera in un flusso
psych-doom di grande fascino.
Più vicina al
prog appare “
La notte è buia” (ospite
Simone Pennucci, di fama Bird e The Dhaze), un affresco in note fluttuante e adescante che nella successiva “
Gli spiriti del bosco” riprende un fiero carattere “arcaico”, adattissimo anche alle contraddizioni dei nostri tempi.
Il vortice oscuro e ipnotico di “
Bruceremo” alimenta ulteriormente il grado di tensione, e se
“Mò che viene agosto” (a cui contribuisce
Ricky Dal Pane dei Witchwood) è un’altra efficace traslitterazione delle peculiarità dell'immaginario
folklorico, tocca a “
Inverno” e “
Domens” incastrare ad arte tutti gli elementi distintivi del quintetto campano, in un crogiolo fatto di stacchi impetuosi,
riff articolati e sinistri e avvolgenti melodrammi melodici, in cui la fiamma dell’ispirazione arde imperiosa.
Non rimane, dunque, dopo le dichiarazioni iniziali della disamina, che confidare pure nella “maturità” della comunità
rockofila, troppo spesso distratta da formazioni musicali che sfruttano le arcane suggestioni della tradizione popolare in modo didascalico …
La Janara affonda le radici nella storia della sua terra d’origine in maniera profonda, e il suo spiccato istinto creativo le consente di lasciare (in ossequio al mito …) un segno eclatante del suo passaggio, proprio quello che “
Le donne magiche” imprime nell’animo di tutti coloro vorranno concedergli un doveroso credito.