Johan Langquist è stato il primo ed è l’attuale
vocalist dei Candlemass, un’informazione verosimilmente superflua per i nostri lettori, e ciononostante opportuna ad introdurre in maniera adeguata questo suo primo lavoro ufficiale da “solista”.
Alla luce di tale ragguaglio è altrettanto scontato e necessario ribadire come il suo contributo alla “causa” dell’
epic-doom sia fondamentale, anche per chi (come il sottoscritto …) considera
Messiah Marcolin “la” voce dei suddetti
Maestri svedesi del settore.
Con queste considerazioni ben chiare, “
Johan Langquist The Castle” è tuttavia un disco che finisce per “sorprendere”, non tanto per lo stile espressivo, che fatalmente ricalca i tratti essenziali del genere, ma per la tensione interpretativa che
Langquist infonde a questi sette brani di ottima musica solenne e crepuscolare, in cui la componente melodica e atmosferica assume un’importanza quasi pari a quella oscura e imponente.
Così, anche se i riferimenti artistici sono fondamentalmente sempre gli stessi (Dio, Rainbow, Black Sabbath, magari del periodo
Tony Martin, oltre agli stessi Candlemass …), nel sostrato sonoro s’insinuano pure i Rising Force e scorie di Impellitteri e di certi Europe, senza dimenticare brandelli della cupa teatralità dei Savatage.
Il contributo del soprano
Emelie Lindquist è particolarmente proficuo proprio nella costruzione di questi climi trionfalmente tragici, come accade nel roccioso e mistico atto d’apertura “
Eye of death” e in alcuni altri passaggi corali della raccolta.
“
Castle of my dreams” è semplicemente una delle “esegesi” della nobile materia Rainbow-
iana più efficaci degli ultimi (e penultimi …) tempi, e anche “
Where are the heroes”, intrisa di dramma ed enfasi, appare tanto “rigorosa” nel
modus operandi quanto coinvolgente sotto il profilo emotivo.
“
Raw energy” asseconda il suo titolo attraverso un approccio armonico maggiormente lineare, mentre “
Revolution”, grazie ad un inesorabile e fascinoso incedere fosco e ossianico, è un altro evidente
highlight dell’opera.
Gli estimatori della “Candelora” nordica ritroveranno tracce del suo tipico cerimoniale lugubre e plumbeo in “
Freedom”, e se invece siete tra coloro che nella musica apprezzano anche le ballate struggenti ed evocative, “
Bird of sadness” rappresenta un modello d’eccellenza di tale espressione sonora.
Consigliare i
Johan Langquist The Castle ai sostenitori del
metal “mitologico” e pernicioso diventa dunque un’altra delle “doverose ovvietà” di questa disamina, sottolineando però al tempo stesso quanto la “creatura” dell’esperto cantante scandinavo non sia per nulla una
routinaria reiterazione delle sue ben note e consolidate qualità artistiche.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?