Nati nel 2010, i
Professor Emeritus sono una band heavy/doom metal che non ha dalla sua, aggiungo purtroppo, la capacità di produrre molti album nel corso della propria carriera, oramai vicina ai venti anni. Sì, perchè se da una parte questo nuovo
'A Land Long Gone' è solo il secondo full lenght che il gruppo pubblica (aggiungendo che nel corso della loro vita questi ragazzi non hanno mai prodotto nè demo, nè EP), dall'altra parte è indubbia la qualità che la loro proposta ha saputo regalarci in questo considerevole lasso di tempo. Se a questo poi si aggiunge anche il fatto che ben 4/5 della lineup originale è cambiata, tra cui il cantante MP Papai che figura sul primo disco
'Take Me To The Gallows', ora in forze ai Fer De Lance di cui vi ho parlato recentemente (trovate
qui il link alla recensione), il risultato che si evince ascoltando questa nuova uscita è a dir poco sorprendente. Con radici fortemente impresse nell'immaginario epic/doom, come detto, pagando tributo a band come Candlemass, Atlantean Kodex, Argus, e muovendosi anche su tratti similari ai Crypt Sermon, gli otto anni di attesa che hanno dovuto aspettare i fan per sentire del materiale inedito sono decisamente stati ripagati, ma andiamo nel dettaglio.
Con una durata leggermente più lunga rispetto al suo predecessore, uno dei punti forti di
'A Land Long Gone' è il grande pathos che si respira durante tutto l'ascolto, senza mettere da parte nessun pezzo o momento di stanca. Si passa dall'iniziale
"A Corpse's Dream", divisa nella prima parte più heavy metal e dal ritornello molto "maideniano", alla seconda dove il riffing si fa più deciso, e dove la voce di
Esteban Julian Pena si adatta perfettamente in entrambe le situazioni, mostrando una duttilità vocale veramente impressionante.
'Zosimos' mette in risalto l'ottima prova dietro le pelli di Chris Avgerin, il quale riesce a mettere in mostra tutto il suo talento aiutato anche da delicati assoli e parti acustiche a reggere il tutto, che riescono a tessere un pezzo dal sapore qua decadente, sopratutto sul finale.
'Pragmatic Occlusion', assieme alla suite finale
'Kalopsia Caves' invece, vanno a riscoprire il lato più doom e tenebroso della proposta dei
Professor Emeritus, senz bisogno di accelerare, senza avere fretta, costruendo come una sorta di muro dal quale emerge una flebile luce, capace di dare la forza per proseguire avanti.
'Hubris', invece, si distingue per essere un'ottima semiballad dalle tinte melanconiche, con un finale in crescendo tra assoli di ottima fattura e cori che vanno a ripetere il ritornello davvero da brividi.
Otto anni sono tanti? Posso anche trovarmi d'accordo, sopratutto se si paragona il tutto all'industria musicale metal degli ultimi anni, dove sembra che la quantità debba sovrastare la qualità, e molte canzoni finiscono per essere dei semplici usa e getta.
'A Land Long Gone' è, per fortuna, tutto il contrario. Emozioni, sussulti, ricordi, vita. Ne aspetterei volentieri anche quindici di anni per avere nuovamente un album di un così alto valore.
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