Copertina 7,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2025
Durata:50 min.
Etichetta:Reigning Phoenix Music

Tracklist

  1. GIANTS ON THE RUN
  2. SAVIOR OF THE WORLD
  3. A LITTLE IS A LITTLE TOO MUCH
  4. WE CAN BE GODS
  5. INTO THE SUN
  6. THIS IS TOKYO
  7. UNIVERSE (GRAVITY FOR HEARTS)
  8. HAND OF GOD
  9. UNDER THE MOONLIGHT
  10. MAJESTIC

Line up

  • Markus Grosskopf: bass
  • Michael Weikath: guitars
  • Kai Hansen: guitars, vocals
  • Michael Kiske: vocals
  • Andi Deris: vocals
  • Sascha Gerstner: guitars
  • Dani Löble: drums

Voto medio utenti

Tornano gli Helloween “versione 7.0”.
SETTE, non come le chiavi del custode (non cominciamo con i soliti paragoni fuori luogo), ma come i membri attualmente in line-up, anche perché, in realtà, di reincarnazioni, le zucche d’Amburgo, probabilmente ne hanno avute molte di più, avendo cambiato ripetutamente pelle nell’arco della loro storia.
Quattro anni fa, in occasione dell’uscita dell’album omonimo che, di fatto, sanciva il nuovo corso della band, le mie aspettative erano vicine allo zero, e invece, la band riuscì a spiazzarmi, con un lavoro sorprendentemente bello e ispirato, ma naturalmente, poteva trattarsi di un episodio isolato.
Quindi, Signori miei, lo confesso, stavolta l’attesa era spasmodica e il mio TERRORE (a seguito anche di qualche dichiarazione dei Nostri) era quello di andare incontro alla classica "doccia fredda".

Vi anticipo già, sin d’ora, che fortunatamente cosi NON è stato!

Giants & Monsters, introdotto dall’ormai consueto affascinante artwork ad opera di Eliran Kantor, si rivela un titolo, tanto accattivante, quanto azzeccato e che, a pensarci bene, potrebbe riassumere perfettamente ciò che oggi, dopo più di 40 anni di ONORATA CARRIERA, rappresentano i Nostri, all’interno del panorama metallico (non solo power): GIGANTI e MOSTRI indiscussi!
Volenti o nolenti, accettatelo: COSI E’ (se vi pare....ma pure se non vi pare!)
A essere maligni (ed io lo sono parecchio), è anche vero che gli Helloween, in questi 8 lustri, si sono resi artefici di dischi GIGANTI (Walls Of Jericho, Keeper I, Keeper II, The Time Of The Oath, Better Than Raw) ma, al tempo stesso, sono stati anche capaci di vestire i panni dei MOSTRI che hanno animato i miei peggiori incubi, figli di cocenti delusioni personali (Chameleon, Rabbit don’t Come Easy, My God Given Right).
Anche con questa diversa chiave di lettura (molto più soggettiva), l’accostamento delle due figure che costituiscono il titolo di questa nuova uscita discografica, si rivela quanto mai azzeccata!

Ma, torniamo ai giorni nostri e sgombriamo subito il campo da qualsiasi dubbio:

Giants & Monsters, uscito ovviamente per Regning Phoenix Music, è un disco convincente, che conferma l’ottimo stato di salute e la ritrovata vena compositiva degli Helloween, autori di un lavoro, per lo più, ispirato e coinvolgente, a tratti leggermente (ma giusto un pizzico, non temete) più “happy” rispetto al suo predecessore (del resto, l’avevano anticipato nelle varie interviste), talvolta un pò patinato ma, anche in questi casi, i Nostri riescono a renderlo ammaliante, mettendoci parecchio mestiere e altrettanta scaltrezza.
Su una cosa non v’è dubbio alcuno: si tratta di un disco dal DNA HELLOWEEN al 100%, in quanto, ogni singola traccia, è impregnata di tutti quegli elementi che, nel bene e nel male, hanno caratterizzato il sound delle zucche, nei suoi quattro decenni di storia.
I brani sono, tra loro, meno immediati e molto più eterogenei rispetto a quelli dell’omonimo, poiché ricchi di differenti sfaccettature, a seconda del diverso stile compositivo dei principali song-writers; più rockeggiante quello di Andi Deris, più power-oriented quelli di Michael Weikath e Kai Hansen, più melodico quello di Michael Kiske.

Ma entriamo nello specifico.
Delle 10 tracce che fanno parte di Giants & Monsters, ne spiccano 5 in particolare che, per qualità, tecnica, energia ed intensità emotiva sprigionate, sarebbero potute appartenere ad un potenziale Top Album!
Si tratta della bellissima opener Giants On The Run che, per la sua atmosfera un pò cupa e malinconica, sembra rievocare qualche eco di The Dark Ride, di Savior Of The World, un classico pezzo “tutto melodia e doppia cassa” esaltato a dovere dalla voce di Kiske, della meravigliosa We Can Be Gods, in cui il sapiente tocco di zio Kai, ci riporta a fine anni 90, quando coi suoi Gamma Ray scriveva le pagine più gloriose del genere, infiammando i nostri cuori, di Universe (Gravity For Hearts) che sembra l’ideale continuazione di Skyfall e sulla cui magniloquenza potrei versare fiumi di parole scontate, ma eviterò di tediarvi e della pomposa suite finale Majestic.
L’altra metà di Giants & Monsters, pur essendo valida, non riesce a mantenersi sugli stessi livelli di cui sopra.
Nel resto del disco infatti, ci si deve inevitabilmente scontrare con una moltitudine di elementi poliedrici tra loro, figli delle diverse menti dei leaders degli Helloween. In questi casi tuttavia, la band riesce, con astuzia ed esperienza, a gestire bene, sia i momenti più “laccati” (come A Little Is a Little Too Much, che si potrebbe considerare una sorta di “Perfect Gentleman” dei giorni nostri o la tanto criticata This Is Tokyo che poi, alla fine, tanto male non è), sia quelli più spensierati (Under The Moonlight) o rockeggianti (Hand Of God). L’unico episodio in cui le zucche proprio non convincono è nella ballad Into The Sun che, oltre a mettere in evidenza ulteriormente l’ottima intesa dell'ormai collaudata coppia Kiske-Deris, punta tutta su un’enorme dose di drammaticità forzata, rivelandosi troppo scontata e, a conti fatti, lascia poco o nulla.

Tirando le somme, poteva andare molto peggio!

Giants & Monsters è un buon disco, all’interno del quale, le diverse anime della band emergono prepotentemente e in maniera molto più evidente rispetto al suo predecessore, dando vita ad un album variopinto, tuttavia equilibrato, pieno di sfumature differenti, ma sempre ben amalgamate tra loro. Questa varietà compositiva richiede inevitabilmente più attenzione e un maggior numero di ascolti prima di essere assimilata, a differenza di quanto accaduto per l’omonimo che, sotto questo aspetto, si presentava come un’opera monolitica e, per questo motivo, più facile da fruire, già al primo impatto.
A questo punto, prima di concludere, una banale, ma doverosa precisazione, rivolta soprattutto ai nostalgici (categoria di cui io stesso faccio parte): evitate scomodi paragoni con un passato ormai morto e sepolto, in cui gli Helloween non erano ancora il colosso musicale/aziendale di oggi, ma ragazzini poco più che ventenni, motivati dalla fame, da una sana dose di incoscienza e da un’irruenza primordiale fuori dal comune; tutti elementi che, nel 2025, inevitabilmente non possono più appartenere alla band.
Solamente con questa mentalità potrete apprezzare il nuovo corso delle zucche che, a parer mio, è ancora degno del nome che portano e meritevole di attenzione.

Happy Happy Helloween a tutti voi!




Recensione a cura di Ettore Familiari

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