Che classe, ragazzi … sarà banale, ma questo è il primo concetto che le mie (un po’ ottenebrate …) aree cerebrali sono state in grado di elaborare dopo aver ascoltato “
Brotherhood”.
Non è facile per un gruppo con più di quarant’anni di carriera alle spalle e quindici
album all’attivo, continuare a produrre una musica così ammaliante ed elegante, senza scadere nella
routine o eventualmente, cedere a tentazioni “modernistiche”, non di rado snaturanti e poco credibili.
Ebbene, gli
FM dimostrano che grazie al talento e alla vitalità, si può continuare a scrivere pagine fondamentali del
rock melodico, proponendo il proprio inossidabile
trademark.
Forte di capacità esecutive inappuntabili e di un cantante che da solo può rendere intrigante qualunque composizione sonora, la
band britannica ha nella sensibilità melodica e nel buongusto espressivo le sue principali “armi di attrazione di massa”, un arsenale benefico che evidentemente non accenna a diminuire con il tempo la sua efficacia.
Le potenzialità per attrarre al gran completo l’uditorio di riferimento (magari non esattamente una vera “massa”, purtroppo, almeno dalle nostre parti …) appaiono veramente intatte e inattaccabili ed è sufficiente un primo contatto con l’
opener “
Do you mean it”, un incantevole numero di
blues n’ soul degno di “
Takin’ it to the streets” (quello dove spiccava la favolosa
cover di “
I heard it through the grapevine” …), per rendersi conto di quanto una canzone di questo tipo potrebbe ancora oggi sbaragliare gran parte dell’
easy listening radiofonico.
Ritornando a
Steve Overland, sottolineiamo ancora una volta come la sua voce e le sue interpretazioni possiedano tuttora una carica passionale davvero strepitosa, la stessa poi che, combinata con una linea armonica terribilmente
catchy, consente a “
Living on the run” d’insediarsi con estrema facilità nelle sinapsi cerebrali.
“
Coming for you” riporta l’astante dritto negli
eighties, ma senza il formalismo che spesso si accompagna a tali “tuffi nel passato”, e una situazione simile la ritroviamo durante l’ascolto di “
Raised on the wrong side”, che con il suo clima notturno e pastoso avrebbe potuto trovare una felice collocazione nella
soundtrack di “
Miami Vice”.
Con “
Love comes to all” l’atmosfera sonora della raccolta diventa più solare e campestre, mentre “
Just walk away” è una
ballad in cui
Overland si "traveste" da
Michael Bolton, meritando un’analoga rinomanza.
Un paio di momenti molto gradevoli e tuttavia leggermente interlocutori come “
Don’t call it love” e “
Time waits for no one”, conducono al brillante
rush finale di una scaletta che grazie al fattivo contributo del prezioso arrangiamento di “
Because of you” (potrebbe piacere pure ai
fans di
Seal), alla vaporosità
rootsy di “
Chasing freedom” e al gioiellino cangiante “
The enemy within” (bellissimi gli impasti corali), può essere tranquillamente definita uno scrigno colmo di tensione emozionale e qualità melodica.
Insomma, gli
FM anche nel 2025 si confermano ispirati e carismatici protagonisti di una “scena” agguerrita e altamente competitiva e sono certo che anche voi dopo aver goduto dei contenuti di “
Brotherhood” non potrete che istintivamente condividere l’affermazione con cui ho aperto questa disamina.
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