Che gli
Sweet siano tra le formazioni più emblematiche del
glam-rock britannico non credo sia necessario ricordarlo ai nostri lettori, così come ritengo superfluo sottolineare il loro ruolo seminale nell’ambito della scena musicale internazionale.
Come tanti gruppi longevi (i nostri sono nati nel 1968 e sono tuttora attivi), il loro percorso espressivo è stato variegato (dagli esordi squisitamente
bubble-gum, fino all’
hard-rock, passando per velleità
pomp /
prog …), ha avuto “pause di riflessione” e ha fatalmente subito numerosi cambi di
line-up (con annesse divagazioni di
monicker …), avvenuti attorno all’inossidabile figura di
Andy Scott, unico elemento di continuità tra il passato e il presente della
band.
All’interno di un itinerario artistico così corposo non sono mancati né qualche piccolo “passaggio a vuoto” e né le pubblicazioni discografiche “anomale”, proprio come questo “
Sweet Fanny Adams revisited”, uscito originariamente nel 2013 e inteso, fin dal titolo, come una sorta di rielaborazione
live (con registrazioni del 2012) del classico del 1974 “S
weet Fanny Adams”.
La suddetta “rivisitazione” consta di una forma d’irrobustimento e dilatazione dei brani, e poi di una scaletta che vede l’esclusione, rispetto all’opera di riferimento, di un paio di tracce (“
Rebel rouser” e “
Peppermint twist”), per fare spazio a “
The six teens”, “
Fox on the run” (entrambe da “
Desolation Boulevard”) e “
Ballroom blitz” (uscito come singolo e poi inserito nelle versioni nordamericane dello stesso “
Desolation Boulevard”), a rimpinguare il numero di
hit che il pubblico anelava ascoltare dai suoi beniamini.
Ciò detto, l’albo oggi diventato abbastanza raro e ristampato dalla
Metalville, è un gradevole concentrato di
rock duro glitterato, ben pilotato da cantanti (
Pete Lincoln,
Tony O'Hora e lo stesso
Scott si alternano al microfono …) tutti piuttosto diversi dal primigenio ed iconico
Brian Connolly e da consigliare innanzi tutto a chi apprezza lo
Sweet-sound declinato nella sua variante più grintosa ed elaborata.
Accantonando il “dubbio” di un (diffuso) ritocco in studio, “
Sweet Fanny Adams revisited” è un bel modo per riascoltare dei
classiconi immarcescibili del calibro di “
Fox on the run”, “
Set me free” e “
Ballroom blitz”, ma anche per godere di brani appena meno celebri e celebrati come “
Sweet F.A.”, “
Restless” (con tanto di intermezzo
jazzato) e “
No you don't”.
La variopinta e composita
Storia del Rock passa anche da dischi come questo, forse non il più rappresentativo delle vicende artistiche degli
Sweet e tuttavia meritevole di credito e considerazione.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?