Gli
Headless nascono alla fine degli anni novanta grazie all’estro del chitarrista
Walter Cianciusi, affiancato dal cugino
Enrico alla batteria.
Dopo diverse formazioni ed una pausa, nel quintetto attuale trovano posto la voce inconfondibile di
Goran Edman, che tutti noi conosciamo perlomeno per i suoi trascorsi con
Yngwie Malmsteen e
John Norum, ed il basso tagliente di
Martin Helmantel, presente negli
Elegy sin dagli esordi con quel capolavoro di "
Labyrinth of Dreams".
Uscito lo scorso 29 agosto 2025 per l'eclettica label statunitense
M-Theory Audio, "
Transitional Objects" è il quinto album dei nostri, giunto dopo quattro anni di attesa dal precedente "
Square One" e prosegue il viaggio nello sfaccettato progressive metal degli Headless, a proprio agio sia nelle partiture più personali ed intricate sia in quelle più serrate e squisitamente metal, entrambe supportate da una produzione magistrale in cui i suoni sono perfettamente definiti e con un'ottima dinamica, mentre il livello tecnico della band non ha certo bisogno di presentazioni; la sezione ritmica è semplicemente portentosa, potente e fantasiosa allo stesso tempo, mentre Walter alla chitarra (per chi non lo sapesse, anche protagonista nella band solista di
David Ellefson, ex
Megadeth) disegna cambi di tempo nervosi affiancati a melodie vincenti.
Su Edman alzo letteralmente le mani e confesso le mie debolezze, essendo il buon Goran uno dei miei cantanti preferiti in questo ambito, denotando tuttora un timbro speciale, capace di emozionare sia su tonalità medie che più gravi, da atmosfere bluesy a spiccatamente rock, dando grande spessore ad ogni brano, su cui emergono comunque "
Fall to Pieces" e la seguente "
Misery", in cui i nostri paiono eseguire per pochi secondi "
Refuse/Resist" dei
Sepultura, per poi comunque rimanere su territori ricchi di groove e potenza, prima di terminare con la bellissima "
No One's Waiting", ricca di pathos e malinconia.
Non sono i Sepultura ma anche per omaggiare orizzonti vicini l'album si chiude con la cover dei Megadeth "
I Thought I Knew It All", dal lontano ma ancora apprezzatissimo "
Youthanasia" del 1994, gradevole esperimento a cui partecipa anche lo stesso Andy Martongelli (l'altra ascia di Ellefson) in cui però si sente la mancanza della carismatica voce di MegaDave.
Qualche brano che sfuma senza un vero finale ed una ballad non proprio straordinaria come "
Refugee" rappresentano l'unico aspetto in cui mi aspettavo qualcosa in più da "Transitional Objects" ma di fronte a cotanta qualità non si può che premere nuovamente play sul lettore.
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