Insieme a “Reign In Blood” e “Master Of Puppets” metterei accanto il terzo gemello, ovvero “Fabulous Disaster” che inevitabilmente proietterà gli Exodus nell’Olimpo dei titani del thrash americano. Gli Exodus pestano duro, anzi durissimo demolendo qualsiasi cosa si trovi sulla loro strada, impossibile non essere investiti da un’onda d’urto di immani proporzioni, un tornado sonoro in grado di polverizzare ogni segno di vita. Arrivati al terzo album senza cambiare una virgola del loro sound ma avendo a disposizione un budget migliore e soprattutto dopo aver affinato il songwriting, “Fabulus Disaster” diventa uno dei manifesti della noble art of thrash. Steve Souza ritengo sia il miglior screamer del thrash, voce al vetriolo potente ed aggressivo, contribuisce a creare il wall of sound elevato dalla band della Bay Area, Gary Holt e Rick Hunolt hanno l’immane merito di aver creato una serie di riffs circolari memorabili, la sezione ritmica è formata dal bassista Rob Mc Killop e dall’estroso batterista Tom Hunting, musicista tecnico e capace di arricchire i passaggi e la struttura ritmica dei pezzi.
E’ superfluo dover descrivere il contenuto di un masterpiece di tale portata, ogni metal kid che si rispetti ne ha senz’altro una copia in casa custodita gelosamente, ma solamente per i neofiti ne consigliamo caldamente l’acquisto, di inserire il cd nel lettore e di alzare il volume al massimo del livello. “The Last Act Of Defiance” è una bordata, una sfuriata metal demolitrice da mosh assicurato, il suono delle chitarre crea una ritmica compattissima e martellante, la title-track è sicuramente il pezzo che meglio rappresenta la proposta musicale degli Exodus, una serie di riffs a seguire e batteria in doppia cassa suonata egregiamente mentre Souza si scaglia sul microfono sciorinando la sua vocina da orco incazzato.
Gli Exodus fanno male alle orecchie, non conosco cali di tono e melodie facili, non vi dico gli strali che mi lancia mia madre ogni volta che ascolto “The Toxic Waltz”; tanto ottusi (musicalmente parlando) non lo sono, visto che “Low Rider” ha un lavoro percussivo influenzato dai suoni sud americani per l’unica short song del lotto, 2’48” in cui Souza non se magna il microfono ma cerca di contenersi. Una lunga barca da fiume in mezzo la palude floridiana, zanzare ovunque, caldo torrido, rospi scassa coglioni e caimani affamati che scrutano qualsiasi cosa si muova, si parte per l’inferno accolti dal suono di chitarre slide ed armonica in pieno in stile cajun, “Cajun Hell” è un traditional thrash, come sempre gli Exodus sono potenti e compatti.
Il duo Holt/Hunolt è la copia di chitarristi più completa del panorama thrash, tecnici e creativi durante degli assoli, macchine sforna riffs che liberano la propria furia nella “suite” di 8’10” “Like Father Like Son”, la velocità aumenta notevolmente intramezzando break da mid tempo e solos melodici. Con “Corruption”, “Verbal Razors” e “Open Season” è un susseguirsi di cannonate thrash, gli Exodus trovano il modo di esprimersi ai massimi livelli con una cattiveria e voracità che non ha eguali; in chiusura azzeccata la cover degli AC/DC, ovviamente del periodo Bon Scott di cui Zetro Souza non è solamente grande fan ma ha uno stile vocale molto simile, voce rauca e consumata fa rivivere con un dovuto omaggio lo storico primo singer dei cinque canguri.