Un nuovo album degli
Spock’s Beard è sempre una buona notizia (come lo è il ritorno al lavoro di
Rich Mouser, rimasto senza studio e senza casa all’inizio dell’anno per colpa degli imprevedibili incendi losangelini), ed è con piacere che ho ascoltato questo
“The Archaeoptimist”, che - a onor del vero - nulla aggiunge e nulla toglie alla produzione della formazione di
Ted Leonard oltre a un inaspettato cambio di etichetta (da
InsideOut a
Madfish).
Che sia
Ryo Okumoto il “motore” degli attuali
Spock’s Beard è evidente, e lo si intuisce già dall’iniziale
“Invisible” (con diversi riferimenti al periodo Neal Morse), un vero e proprio preludio a
“Electric Monk” con il tastierista in grande spolvero. La pirotecnica
“Afourthoughts” ricomincia da dove si era interrotta
“Afterthoughts”, ed è qui che emerge tutto l’amore del combo per i Gentle Giant, soprattutto negli intrecci vocali.
“St. Jerome In The Wilderness” alterna atmosfere suffuse a groove ficcanti, mentre la lunga titletrack porta con sé tutto quello che ci si aspetterebbe da una suite prog “american-style” alla maniera di Transatlantic e simili. Nella conclusiva
“Next Step” si apprezza il lato più accessibile degli
Spock’s Beard, a cavallo tra Flying Colors e Genesis.
Sempre e comunque fedeli a sé stessi.
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