Copertina 8

Info

Anno di uscita:2025
Durata:47 min.
Etichetta:Retro Vox Records / Life On Saturn

Tracklist

  1. SONS OF THE SIN
  2. THE ONE (WHO SEES IN THE DARK)
  3. RULES OF THE ROAD
  4. CROWN’S FAYRE
  5. STONE OF WHIMS
  6. THE BLUE FLOWERS LEAD TO NOWHERE
  7. HILDEGARDE
  8. GOLDEN ARK
  9. MIRROR GAZE
  10. GIRL IN THE SUN

Line up

  • Dave: vocals, guitar, organ, Fender Rhodes
  • Khoti: vocals, guitar
  • Steve: bass
  • Fred: drums, percussions

Voto medio utenti

Come dire … c’è revival e revival … volendo distinguere in questo modo chi certi suoni del “passato” li ha metabolizzati e li ha resi liberi di fluire in ogni sua fibra artistica da chi invece tenta una “trascrizione” acritica e priva della giusta attitudine di quanto tramandato ai posteri, per esempio, da Cream, The Beatles, Led Zeppelin e Rolling Stones.
Nomi piuttosto apprezzati dai retro-rockers contemporanei e non citati a caso, dal momento che la suddetta riflessione diventa l’introduzione al nuovo lavoro dei The Lancasters, gruppo bresciano nato nel 2019 ma con il cuore, i muscoli e il cervello (musicali, prima di tutto, ma non solo …) radicati negli anni a cavallo tra la fine dei sixties e gli albori dei seventies.
Detto così si potrebbe quasi pensare che, tornando al prologo, i nostri appartengano alla seconda (pavida) categoria di musicisti descritta, mentre è bene precisare che nonostante l’evidente cultura “classica” che lo alimenta, “The word of the mistral” non suoni per nulla verboso o fastidiosamente citazionista, riuscendo nell’impresa di apparire “creativo” e attuale anche senza offrire all’ascoltatore la benché minima “novità” sonora.
Un aspetto che li accomuna a tanti abili (e affermati) “restauratori” della Grande Storia del Rock, e in quest’ottica possiamo tranquillamente accostare l’openerSons of the sin” all’approccio alla materia ostentato dai Queens Of The Stone Age, classificare “The one (Who sees in the dark)” come una strisciante e visionaria variazione del verbo Stones-iano da far invidia a Bobby Gillespie e raccomandare l’agreste e liquida “Rules of the road” agli estimatori di Damon Albarn e Graham Coxon.
Tanti riferimenti per una band comunque dotata di una sua personalità, aspetto che emerge altresì negli sbuffi vaporosi e hippy di “Crown’s fayre” e nel magnetismo fumoso di “Stone of whims” (un ingegnoso mix di Franz Ferdinand e Masters of Reality), tutta “roba” che impressiona abbastanza per competenza e intraprendenza.
The blue flowers lead to nowhere” aggiunge qualcosa degli Strokes in un brano leggermente meno efficace degli altri, mentre piacciono parecchio il fraseggio nervoso e funkadelico di “Hildegarde”, l’hard-blues “mutante” di “Golden ark” e della straniante “Mirror gaze” e pure il candore prog-psych-folk di “Girl in the sun”, che conclude il viaggio con una tappa in un universo dove una jam-session tra Pink Floyd, King Crimson e Donovan non è inverosimile e produce appaganti vibrazioni sensoriali.
Insomma, con “The word of the mistral” ci si trova immersi in una forma di “back to the roots” efficace e vitale, capace di scardinare l’accezione pateticamente nostalgica che spesso si finisce per attribuire al classic-rock nel 2025… complimenti ai The Lancasters per aver ottenuto un risultato così rilevante.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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