Gli Slaughter House furono uno dei gruppi meno conosciuti della scuderia Metal Blade, complice un promozione tutt'altro che soddisfacente e la ormai evidente crisi del genere negli anni 1990 e 1991, anni in cui tutto il movimento cominciava ad essere sopraffatto dalle nuove mode nascenti.
Arrivano dal New Yersey questi cinque thrashers americani, che debuttarono il 28 giugno 1990 con l'omonimo "Slaughter House", un album che non ebbe un gran successo; riscuotè, invece, più consensi positivi il secondo lavoro, uscito a meno di un anno di distanza il 14 maggio del 1991, sotto la supervisione di un protettivo David Preschel. Certo la copertina non promette bene (come anche quella del debutto), ma "Face Reality" è uno di quegli album minori, assolutamente non innovativi, di thrash ortodosso e americano ben fatto, che possono rivelarsi da mosh totale per i fedelissimi fans Bay Area. Musicalmente, il gruppo a cui inevitabilmente gli Slaughter House richiamano sono i Metallica dei tempi andati, grazie soprattutto alla voce di Steve Srozinsky, molto simile al James Hetfield dell'accoppiata "Ride the Lightning"/"Master of Puppets"; c'è da dire che anche il riffing di Cahill e Greco non è da meno, e i netti richiami allo speed style di "Kill 'em All" sono chiari in songs quali "Gettin'Away with Murder", anche se spesso nel resto dell'album queste evidenti influenze vengono miscelate a soluzioni di più chiaro stampo americano, sulla scia degli Exodus di "Till Death do us Part". Bands compatta e rocciosa, gli Slaughter House inanellano undici brani di spessore che solo dopo pochi ascolti si piazzano indelebilmente nella testa; tra refrain vincenti e d'impatto come in "Crawling at my Command" e melodie azzeccate come nel caso di "Open Eyes Open", i cinque dimostrano di aver imparato bene la lezione dei maestri e di saper comporre pezzi qualitativamente al livello di album ben più quotati. Per quanto riguarda i testi, siamo sulle tematiche classiche del thrash, da liriche violente e orrorifiche ("Nightmare") a preoccupazioni politico-sociali ("M.I.A.") e accuse alla società moderna occidentale ("S.O.L.D.").
Ribadisco, non siamo dinnanzi ad un album fondamentale o un must per il quale è obbligatorio l'acquisto, ma se vi capita di trovarlo in giro a buon prezzo non lasciatevo sfuggire, potrebbe rivelarsi una graditissima sorpresa, soprattutto per gli amanti del più puro thrash Bay Area. Assieme a Viking, Epidemic o Intruder, gli Slaughter House restano tra gli ultimi gruppi Metal Blade di spessore del più puro thrash di fine '80/primi '90, un movimento che da lì a poco sarà spazzato via dai nuovi fenomeni commericiali musicali, andando incontro ad una morte lenta e definitiva nell'indifferenza generale.
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