La discografia degli
Sweet è ricca di registrazioni dal vivo (per non parlare delle
millemila compilation …), ma personalmente ho un legame particolare con “
Live at The Marquee”, uscito in origine nel 1989 dopo un periodo di silenzio dei veterani britannici del
glam-rock.
Il gruppo, fiaccato da una crisi creativa e dalla dipendenza dall’alcool del cantante
Brian Connolly si era praticamente sciolto e l’uscita di questo disco sorprese non poco i suoi
fans che si ritrovarono di fronte ad una formazione che prevedeva, oltre agli storici
Andy Scott e
Mick Tucker,
Paul Mario Day (ex-Iron Maiden, More, Wildfire …) alla gestione microfonica,
Mal McNulty (Slade) al basso e
Phil Lanzon (Grand Prix, Uriah Heep) alle tastiere.
Un dato (tra l’altro difficilmente rilevabile vista la mancanza d’informazioni specifiche su una copertina che invece non trascurava adescanti immagini di ballerine discinte …) che in qualche modo anticipava i contenuti dell’opera, in cui la
band trasfigurava alcuni dei suoi tanti
hits proponendoli in una trascrizione particolarmente grintosa e sinfonica, avvicinandosi, in taluni frangenti, addirittura al
pomp-rock (vedasi, in particolare, i quattro brani in studio … tre scritti con
Day e
Lanzon - “
Shot down in flames”, “
Over my head” e “J
ump the fence” – e il
remake del
classicone rhythm n’ blues “
Reach out”).
Insomma, il contributo della voce stentorea di
Day e delle tastiere di
Lanzon rendono più “seriose” e articolate composizioni nate per essere scanzonate e immediate, e tuttavia, sebbene probabilmente per valutare i “veri”
Sweet bisogna rivolgersi altrove, anche questa loro variante merita un apprezzamento importante, come del resto sembra testimoniare il pubblico del
Marquee.
Una valutazione che oggi viene agevolata dalla ristampa curata dalla
Metalville, in cui, però, i quattro pezzi che occupavano il quarto lato del doppio
Lp originario sono sostituiti da due
bonus live (una seconda versione di “
AC/DC” e “
Burn on the flame”).
Concentrandosi sul resto del programma, potrete godere di una ruggente selezione dei successi degli
Sweet, fregiati spesso da architetture sonore dilatate e magniloquenti (un esempio su tutti “
Love is like oxygen”, con tanto di citazione di “
Fanfare for the common man”, un
classicone della musica americana, celebre per l’adattamento firmato
Emerson, Lake & Palmer), il tutto pilotato da un cantato tanto incisivo quanto “singolare”, almeno per chi era avvezzo allo stile scabro e vizioso di
Connolly.
Nonostante la sua “stravaganza”, i motivi d’interesse di
“Live at The Marquee” non sono pochi, e svelano un lato diverso della lunga e variegata carriera artistica degli
Sweet, un gruppo il cui ruolo nella
Storia Del Rock non è stato sempre adeguatamente riconosciuto e che grazie all’irriducibile
Andy Scott continua a produrre ottima musica.