Lolth - Selenophilic Invocations

Copertina 7,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2025
Durata:30 min.
Etichetta:Cult of Oblivion Recordings
Distribuzione:Cult of Oblivion Recordings

Tracklist

  1. VIDRINATH
  2. ENTANGLED IN THE WEBS OV DESPAIR
  3. TOILING IN THE BLOODFROST
  4. YOCHLOL/DEPTHS OV THE UNDERDARK
  5. CHIRONOMIA
  6. CHTHONIC LUMINESCENCE
  7. VIOLET MOON

Line up

  • Lolth: Vocals, Guitar, Synthesizer
  • Lurker: Bass
  • Conflagrator: Drums

Voto medio utenti

Nato nel 2021 a Washington D.C., Lolth è un progetto di raw black metal che con "Selenophilic Invocations" (2025), rilasciato tramite la Cult of Oblivion Recordings, firma il proprio secondo full-length: un’opera breve, intensa e sorprendentemente compiuta.

Si tratta di un disco dal carattere fortemente seminale che cattura lo spirito dei mitici '90 senza scadere nella mera imitazione. Se da un lato riaffiorano le radici più classiche del genere – con echi burzumiani e darkthroniani – dall’altro emerge un suono d’insieme abrasivo, quasi metallico, intriso di una ruvidezza che sfiora talvolta l’industrial pur senza abbracciarlo.
In questa dimensione aspra e spoglia si insinuano atmosfere cupe, rituali e a tratti mistiche, che rimandano alla scuola tedesca dei Lunar Aurora e, soprattutto, al primo album dei norvegesi Manes ("Under ein blodraud maane"– 1999), per via della combinazione tra oscurità emotiva e inserti sintetici dal timbro peculiare, quasi estroso. Le melodie di fondo, velate e spirituali, contribuiscono a costruire un’aura sacrale da cerimoniale lunare perfettamente coerente con il titolo e l’immaginario evocato.

"Selenophilic Invocations" è un platter di mezz’ora scarsa, e altresì di grande densità interiore: un disco autentico, privo di compromessi, dove la ricerca sonora resta fedele all’essenza della fiamma nera pur aprendosi a una sperimentazione sobria e coerente. Non è un ascolto per tutti – certe solitudini sonore restano inaccessibili – ma per chi sa coglierle, queste invocazioni lunari offrono un’esperienza di inquietudine e terrore costante, come solo la vera musica nera sa generare.

Recensione a cura di James Curzi

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