Alla vista dell'altisonante titolo "
Legends", mi sono detto: "
ecco che i Sabaton hanno deciso di realizzare l'album definitivo, quello in grado di spazzare via tutti i loro detrattori...", metto su il CD e...
Pausa di sospensione.
E allora: "
niente, appuntamento rinviato".
Partiamo con il dire nonostante il titolo che non è un album autocelebrativo, infatti, le Leggende che vengono tirate in ballo dalla formazione svedese sono undici figure e personaggi del passato che hanno lasciato un loro segno nella Storia.
"
Templars" partirebbe pure bene, dopo un'introduzione sinfonica con tanto di insistiti cori solenni, ecco, infatti, il solito vocione di
Joakim Brodén, ma poi il brano non riesce a decollare, trattenuto da un ritornello non particolarmente incisivo, cori insistiti, da un tappeto di sintetizzatori alquanto fastidioso, inoltre anche con gli assoli di chitarra, qui siamo a livello oltremodo "basic", con il tutto che alla fine suona un po' troppo Powerwolf e poco
Sabaton.
Vediamo se lasciare i templari al loro triste destino e andare ad affrontare Gengis Khan con "
Hordes of Khan" apporta qualche miglioramento, ed in effetti il brano è decisamente più vivace e rimanda ai tempi del loro "The Great War". Gloria effimera, dato che poi si torna ad annoiarci con una "
A Tiger Among Dragons", che al di là del grande sfoggio di percussioni da parte di
Hannes Van Dahl, si rivela un episodio fiacco ed irresoluto che gira e gira ma non sembra portare da nessuna parte, nemmeno verso quell'Antica Cina dove vennero celebrate le grandi gesta del condottiero Lü Bu, conosciuto come "Il Generale Volante".
Un bel salto spazio-temporale e ci ritrova al fianco di Giulio Cesare e le sue Legioni sulle rive del Rubicone con tante aspettative per un momento topico nel passato italico, invece "il dado è tratto": "
Crossing the Rubicon" altro brano piatto e senza arte né parte. Da un Imperatore all'altro, ecco Napoleone Bonaparte omaggiato dalla seguente "
I, Emperor", il tipico brano cadenzato ed evocativo cui ci hanno abituato i Sabaton in passato, finalmente ben sviluppato a livello vocale, sia nei chorus sia nella prova di
Brodén. I toni si accendono ulteriormente con "
Maid of Steel", dove
Pär Sundström e soci provano ad alzare la voce in difesa della Pulzella d'Orleans, ma nonostante i loro sforzi (un refrain azzeccato e finalmente un guitar solo ispirato) il destino di Giovanna D'Arco resta sempre quello: morire sul rogo nella piazza del Mercato Vecchio di Rouen e - visto che li ho già citati - "Joan of Arc" dei Powerwolf era decisamente superiore, anche se la miglior canzone in campo Power che racconta questa triste vicenda resta sempre "Maid Of Orleans" dei Dark Moor.
Facile immaginare che tocchi ai controverso Vlad III di Valacchia il ruolo del personaggio centrale di "
Impaler", altra traccia cadenzata e corale, tuttavia credo che una figura come Vlad "l'Impalatore" si meritasse un accompagnamento più truce e sanguigno, mentre essendo incentrata sulla figura di Annibale mi sarei aspettato da "
Lightning at the Gates" un brano bello pesante e pachidermico (vabbè... perdonatemi), tuttavia anche qui finiamo alle prese di un mid-tempo dove la sensazione di déjà-vu fa capolino dietro l'angolo.
E no, non tocca ai due ufficiali napoleonici Armand D'Hubert e Gabriel Féraud (dal racconto di Joseph Conrad, già musicato dagli Iron Maiden), i Sabaton con "
The Duelist" ci raccontano di un leggendario samurai, Miyamoto Musashi, e lo fanno con uno degli episodi più dinamici dell'album, anche grazie ad una delle migliori prove dei due chitarristi,
Chris Rörland e il redivivo
Thorbjorn Englund. E ancora meglio fa la seguente "
The Cycle of Songs", che ci porta nell'antico Egitto raccontandoci con modi pacati e solenni del Faraone Senusret III, infine con la conclusiva "
Till Seger" scopriamo i
Sabaton tornare a giocare in casa: non solo è incentrata sulla figura di Gustavo II Adolfo di Svezia, ma viene anche cantata in svedese (come già accaduto su "Carolus Rex", uscito nel 2012), una scelta che accentua quel taglio anthemico che già mi aveva fatto pensare agli ultimi Turisas.
Nel suo complesso esco dall'ascolto di "
Legends" deluso e assai perplesso, alle prese con pochi episodi riusciti e vagamente memorabili, mentre per il resto, se non ci fosse stata la presenza dell'inconfondibile
Joakim Brodén, mi resta la sensazione di trovarmi di fronte a dei novelli emuli dei Powerwolf, tanto per gli accorgimenti nel songwriting e negli arrangiamenti quanto a livello di produzione.
Dai
Sabaton, che seguo e apprezzo sin dai tempi di "Primo Victoria", voglio di più... MOLTO DI PIU'!
Metal.it
What else?