L’idea di una band che proponga solo musica strumentale è decisamente accattivante, non posso negarlo. Non se ne vedono molte di realtà del genere, e in un periodo in cui le novità scarseggiano, ben venga davvero tutto ciò che può farci uscire dalla monotonia. Il problema di questa band pesarese è però uno solo: si cimentano con un genere, il progressive metal, tremendamente difficile da rendere al meglio e passibile come pochi altri di banalizzazioni e autocitazioni. L’ho già detto in altre occasioni, ma è un pensiero ormai ultrascontato: non basta essere bravi musicisti per produrre ottimo prog! E’ proprio per questo che a parte pochi nomi selezionati, stiamo assistendo ad una vera e propria scomparsa dei gruppi dediti a questa proposta.
I Dare Parker Project (che diavolo vorrà dire??) provano a dire la loro con questo mini cd autoprodotto (il secondo della loro carriera) e non si può certo dire che abbiano fallito: sanno suonare decisamente bene, e le canzoni sono tutte piuttosto valide e scorrono via senza appesantire l’ascoltatore. Purtroppo per loro però, di idee interessanti non ce ne sono: “Fosse in cielo come in terra” risulta essere una grande autocitazione di quanto di meglio il prog metal ha prodotto nel corso degli anni novanta, con un’attenzione particolare (poteva essere diversamente?) ai Dream Theater. Qua e là si sentono echi della nostra grande tradizione italiana (PFM e Balletto di Bronzo sugli scudi) ma è innegabile che l’approccio generale sia più moderno e legato alla dimensione metal del genere. Che dire di più a questi ragazzi? Di continuare e di mettercela tutta, perché la direzione è senza dubbio interessante: cercate di lavorare maggiormente sul songwriting e speriamo davvero di risentirci di qui a breve!

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