Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2002
Durata:57 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. COUNTDOWN TO INSANITY
  2. BLACK SUN
  3. ARMAGEDDON
  4. LIGHTYEARS FROM HOME
  5. REVOLUTION
  6. FEAR
  7. MIND CONTROL
  8. MAGIC EYE
  9. MIND MACHINE
  10. SILENCE
  11. WE GO DOWN

Line up

  • Ralf Scheepers: vocals
  • Henny Wolter: guitars
  • Stefan Leibing: guitars
  • Mat Sinner: bass, vocals (backing)
  • Klaus Sperling: drums, vocals (backing)

Voto medio utenti

Quarto album in quattro anni per i Primal Fear, una delle più sottovalutate band della scena odierna. Liquidata da tutti come il clone dei Judas Priest, la band di Ralf Scheepers e Matt Sinner torna prepotentemente sul mercato con un album che ancora una volta ha un suo inconfondibile stile, lontanissimo da quello della band di Tipton e Downing, proprio a dimostrare l'infondatezza di molte delle critiche mosse. Già i Judas Priest hanno una discografia talmente varia e diseguale che al giorno d'oggi non è possibile nemmeno parlare di uno stile "unico" ed "inconfondibile", figuriamoci quindi definire un loro clone spudorato una band come i Primal Fear, tedeschi fino all'osso e molto più devoti alla scuola targata Accept che non alle sonorità classiche d'oltremanica. I Primal Fear devono ai Judas Priest tanto quanto qualsiasi altra band heavy metal venuta dopo "Rocka Rolla" e "Sad Wings of Destiny", né più, né meno, e liquidarli quindi come una contraffazione mal riuscita della band più importante della storia del metal, denota fondamentalmente un'ignoranza musicale che non dovrebbe appartenere perlomeno agli addetti ai lavori, ossia quelli che si autodefiniscono spocchiosamente dei "critici musicali". Purtroppo alle volte è più facile (e comodo) usare qualche frase ridondante che non ascoltare e capire veramente l'album che si recensisce, e così purtroppo i Primal Fear sono e resteranno nell'immaginario comune una inutile band-plagio, e a poco servirà questo mio accalorato appello revisionista...
Dopo il passo falso di "Nuclear Fire", troppo vicino alle sonorità del power più moderno, i Primal Fear tornano a sfornare un album d'alta classe, molto più simile, come sound, al debut-album di quattro anni fa. Per capire su che binari si muove questo "Black Sun", vi basterà sentire la song "Revolution", brano che rimanderà immediatamente ad un pezzo memorabile come "Running in the Dust", o la trascinante e avvincente "Armageddon", scelta per il singolo e per il videoclip. Il songwriting è indubbiamente maturato, le parti di chitarra sono ancora più devastanti grazie soprattutto ad un continuo intrecciarsi di leads, ritmiche e tracce soliste di gran classe. La produzione, come già per gli album precedenti, è d'altissima qualità; per quanto riguarda la batteria, siamo fortunatamente ben lontani da quegli orripilanti suoni sintetizzati che tanto sono in voga nelle registrazioni degli ultimi anni. Le chitarre sono massicce e taglienti, tanto da creare un vero e proprio muro sonoro, come potrete ben sentire in un pezzo "crunchoso" come "Cold Day in Hell" o nella opener "Black Sun". Tra canzoni in stile Primal Fear al 100% come "Mind Control" o "Lightyears from Home", troverete anche episodi meno consueti come "Magic eye" o "Mind Machine", brani che in ogni caso si integrano alla perfezione con il resto dell'album. Inutile dire che la prestazione di Ralf Scheepers dietro al microfono è impressionante, sia per le indubbie doti tecniche che per la sua abilità interpretativa ed il suo carisma unico.
"Black Sun", dunque, rappresenta un decisivo passo in avanti rispetto al mezzo fiasco del precedente "Nuclear Fire"; è un album che i fans della band ameranno alla follia, ma anche un lavoro che non potrà certo deludere chiunque ami l'heavy metal più puro ed incontaminato. Da avere.
Recensione a cura di Lorenzo 'Txt' Testa

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