Path of Experiences è una casa discografica con sede a Sassari, da tempo impegnata a promuovere le realtà underground del nostro paese, puntando con coraggio su formazioni ancora sconosciute al grande pubblico.
E’ abitudine della label concentrare le ultime scoperte in una serie di compilations che prevedono la pubblicazione di un brano per ciascun gruppo coinvolto. Quella attuale è la terza della serie, segno di una continuità encomiabile se pensiamo alle difficoltà di proporre musica indipendente nella nostra nazione.
Non vi sono preclusioni di genere o stile, quindi “Italian experiences III” si presenta come antologia eterogenea dove si passa con disinvoltura dal prog settantiano alle ultime tendenze crossover. Dodici le formazioni inserite, quindi per non fare torto a nessuno ecco un commento didascalico per ogni pezzo, giudizi inerenti alle singole canzoni e non al valore complessivo dei gruppi, essendo materiale insufficente per una valutazione più generale.
Dianira: consueto rock all’italiana, agrodolce con ambizioni di orecchiabilità. Solito testo ermetico-intimista un po’ derivativo. Sufficiente.
Living Dream: rock’n’roll Rollingstoniano di maniera. Brano piacevole ma poco originale. Li sentiremo a breve con il disco d’esordio. Sufficiente.
Falling Silence: canzone già sentita su “Shadows” che ho recensito da poco. E’ uno degli episodi più massicci degli italo-svizzeri. Stabile.
Spellcraft: metal gotico e malinconico, nelle parti vocali mi ricordano i Malombra. Un brano a tinte scure, soffuso e sofferto. Discreto.
Ali Perdute: altra mista italo-svizzera, dedita ad un prog-rock di forti sensazioni retrò. Liriche in Italiano e tanto bel flauto. Interessanti.
Gamila: un rock adulto e sofisticato. Soffice ed impalpabile atmosfera psichedelica. Spiccatamente notturno. Ottimo brano, forse il migliore.
Kardia: giovani d’età e d’esperienza, provano un crossover artricolato tra elettronica, urla, fasi intimiste. Non male, ma devono crescere.
Fucktotum: nessuna informazione su loro, se non che fanno parte del giro di Paul Chain (ed è già qualcosa..). Doom/gothic lento e cupo. Oscurità e tristezza. Perplessità sulle parti vocali. In arrivo un loro mini-cd. Da sentire.
Nuclear Devastation: i pestoni del gruppo. Grind-core all’ennesima potenza. Per loro i Napalm Death sono melodici. Solo per fans del genere.
Meschalina: visto il nome speravo in qualcosa di “stonato”, invece altri trendisti del crossover. Chitarroni Machine Head, suoni industriali, ipnosi noise. Così così.
Bright Corner: intro di piano, suoni puliti, passo lento-melodico, aperture prog. Ambizioni di complessità da migliorare. Voce da migliorare. Da migliorare.
Hollywood Vampyres: “gli ultimi saranno i primi” diceva qualcuno. Forse non è questo il caso, ma il rock stradaiolo degli emiliani non è male. Dopo tanto modernismo e sofisticazione una dose di rock grezzo ci sta bene. Io rivedrei le vocals. Non eccelso, ma si fa ascoltare.
E’ chiaro che non è la qualità (media..) dei gruppi presentati a dare significato a questo lavoro, bensì l’iniziativa di dare luce al sottobosco musicale della penisola, a tutti coloro che non sarebbero mai notati dai cacciatori di teste delle majors. In tal senso è un opera riuscita. Rimane comunque un prodotto dal target ristretto, direi per gente del settore.
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