Discone. Questo per farvi subito capire che non stiamo parlando di un dischetto carino, da ascoltare qualche volta e poi lasciare lì nello scaffale a prendere polvere. “Tales from Midgard”, album di debutto dei The Ring, sorprende fin dall’inizio per un’incredibile qualità dei pezzi proposti, ambientati a metà tra un ottimo e roccioso heavy metal venato di potenza e melodia ed un sulfureo e cadenzato epic doom metal di nordica memoria, il tutto suffragato da una sorprendente coesione dei tre componenti del gruppo e dalla voce di Jakob Samuel (anche alla batteria!!!), alta, penetrante e personale che si adatta a perfezione alla proposta sonora del giovane combo scandinavo.
E’ chiaro come i The Ring (ispirati palesemente all'opera di Tolkien), benché suonino heavy metal al 110%, affondino le proprie radici nell’hard rock e nel metal ottantiano, fatto di Black Sabbath, Candlemass, Rainbow e quanto altro, tutto testimoniato anche dalla presenza di Doogie White come ospite nel brano “Voices of the Fallen King”, peraltro unico pezzo debole di un disco altrimenti davvero letteralmente fantastico.
Tralasciando quindi l’unico episodio negativo di “Tales from Midgard”, è impossibile non rimanere affascinati dall’anthemica e cadenzata “Into the Wild”, al pari della “marziale” opener “In the Beginning” e della seguente e più melodica “Gathering Darkness”, impostata su un feeling meno plumbeo e di sicura presa sulle menti degli ascoltatori. Atmosfere che ritornano, sempre con un tocco più che personale e soluzioni davvero coraggiose e ben riuscite per un gruppo al suo esordio discografico (anche se esperto e maturo a livello di singoli), con la possente “Unite or Fall” e la lunga e sofferta “Signs by the Silver Strema”, davvero toccante a livello di interpretazione vocale e dal feeling straziante ed irresistibile.
“The Chase”, altro pezzo da 90 di questo incredibile disco, si riavvicina alle sonorità di “Gathering Darkness”, più solari e melodiose, mentre la conclusiva “Last Battle” è la perfetta sintesi dei The Ring, che riescono in maniera incredibilmente matura elementi come melodia, epicità, potenza, alternandole a perfezione sia in brani lentissimi, cadenzati e sulfurei, che in quelli più spediti e veloci, come appunto è dimostrato al 100% in “Last Battle”, che ci consegna l’outro “Escape”.
Lascio volutamente in fondo il capolavoro di questo album, ovvero la suite da oltre 9 minuti intitolata “Halls of Doom” e mai titolo fu più azzeccato per descrivere al meglio le sensazioni suscitate dalla voce del cantastorie Jakob Samuel, che in principio parte su un delicato arpeggio di chitarra, per poi esplodere in tutta la sua potenza in un riffone davvero definitivo, che ci accompagna lungo questi 9 minuti, densi di cambi di melodia, bridge e chorus a profusione, rallentamenti, breaks acustici e quanto altro, lasciandoci davvero con la mente in un’altra terra, in un’altra dimensione.
Complimenti quindi a chi ha scovato questo gioiellino e alla band stessa, protagonista in assoluto di questo 2004 con un disco letteralmente sorprendente al quale nessuno di voi dovrebbe permettersi di negare un ascolto. Assolutamente imprescindibile.