Primo disco, almeno suppongo, per questa band tedesca dedita ad un metal che attinge alla corrente oltranzista di un certo modo di intendere il metal moderno. Il titolo dice già tutto, “Low Tuned Output”. Siamo dalle parti dell’omonimo degli Slipknot e di “The More Things Change” dei Machine Head, con un groove che talvolta diventa mastodontico nel suo pulsare animalesco, mentre nelle parti più melodiche, e per melodia intendo non easy listening, ma di quel tipo che fa rima con malattia, vengono in mente i Korn, come in “Left Alone” dove, tra le altre cose, il riffing è figlio diretto di Munky. Di riferimenti espliciti all’accoppiata Munky/Head ce ne sono a bizzeffe, come in “Obey”, dove si sfiora il vero e proprio plagio dei Korn, con il singer che rifà alla perfezione perfino Jonathan Davis…
Però bisogna dire che pur essendo i 10 Fold B-Low estremamente derivativi, da un lato s’ispirano ai capisaldi della materia, dall’altro fanno le cose per bene, puntando sulle caratteristiche peculiari che contrassegnano il genere e personalizzandole quel tanto che basta per non essere uno tra tanti.
Azzeccatissima la scelta di puntare su tempi cadenzati e ritmiche pesanti, le quali unite al growl ruvido e brutale del singer, danno il senso di un sound solido e granitico, ricco di groove. Prova ne sono “Break Your Neck” e “Pain In Progress”.
È sorprendente vedere come in Germania, negli ultimi tempi, il Nu Metal stia proliferando, anche se con risultati che sono ancora alterni. I 10 Fold B-Low comunque appartengono alla risma delle band “buone”, con la speranza che sappiano in un prossimo futuro personalizzare di più la loro proposta ed evolvere le poche buone intuizioni di questo “Low Tuned Output”. Pesanti e, si spera, pensanti.
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