Il fenomeno dei Tribute album ha avuto, in questi ultimi anni, un’accelerazione spaventosa che ha “infestato” e spesso saturato il recente mercato discografico, oltre che essere, da sempre, un porto sicuro per label e artisti un po’ a corto d’idee.
Hendrix, in particolare, è stato spesso oggetto di speculazioni d’ogni tipo, con registrazioni inedite che saltano fuori all’improvviso, cover versions in tutte le varie forme, rehearsals e amenità assortite, spesso sponsorizzate da “amici personali” del re del blues elettrico, se non addirittura direttamente da parenti (anche questo “The Spirit Lives On-The Music Of Jimi Hendrix” non sfugge a questa regola e in questo caso è un suo cugino – Regi Hendrix – a firmare le note di copertina di questo disco e a cantare in una buona versione di “Bold as love” accompagnato per l’occasione dalle chitarre di Jason “JMR” Richardson e Greg Howe e dalla batteria di Christ Dembeyiotis).
A proposito di queste proposte, poi, ecco che si rinnova l’annosa questione: il tributo, per poter essere considerato tale, deve essere vicino alla mera copia del classico che si propone di omaggiare, o invece una re-interpretazione aggiornata, inserendo nella struttura base del brano originale elementi tipici e caratteristiche peculiari dell’artista che lo ripropone (anche correndo il rischio di commettere atto di “lesa maestà”), cercando però, allo stesso tempo, di mantenere il più possibile intatto lo spirito che animava la prima stesura della composizione?
Personalmente propendo per quest’ultima soluzione, anche se, ovviamente è più facile trovare esempi che si rifanno, invece, al primo tipo di approccio citato (così come farebbe una qualsiasi buona cover-band da birreria – senza nulla togliere a tali formazioni) o altri che snaturano completamente il senso del brano che “coverizzano”.
Nel caso specifico di questo disco, mi sembra che gli artisti coinvolti abbiano svolto un discreto lavoro, mantenendo quasi sempre intatta l’ispirazione primigenia dei brani, offrendo, contemporaneamente, interpretazioni abbastanza personali lontane dal rischio dell'inutile clonazione e dall’ingeneroso confronto.
Lo standard medio delle tracce si mantiene su di un livello sempre più che sufficiente, con menzione particolare alla versione di “Freedom” ad opera dei Sun Caged, con interessanti richiami prog, a “Gypsy eyes” eseguita dagli italiani Mistheria & Andrea Rivera, contraddistinta dalla bella voce di Max Romano, dagli interventi tastieristici di Mistheria e dall’ottimo guitar work di Rivera, a “Stone free” riproposta in chiave hard funky da Eric Sands, alla splendida “Little wing” eseguita con tocco jazzy da Micheal Harris, per finire alla sempre bella “Spanish castle magic” che vede all’opera le chitarre di Lars Eric Mattsson e Chris Poland.
Notevoli anche “Fire”, con Bumblefoot e Dennis Leeflang molto vicini come attitudine (assieme al già citato cugino Regi, ma lì ci si mette pure la genetica) a quella del grande Jimi e la “Foxy lady” di Edward Box, mentre singolare è “Star spangled banner” suonata al solo basso da Randy Coven, alla quale, per forza di cose, manca la straordinaria carica dissacratoria che invece caratterizzava la versione originale.
Disco piacevole, tecnicamente ineccepibile (che vede la presenza anche del guitar hero francese Cyril Achard in "Highway chile" e di Ritchie Kotzen in "Little miss lover", tra i musicisti più noti), assolutamente non imprescindibile, come invece lo sono tutti i principali lavori dell’inarrivabile chitarrista mancino di Seattle, così fondamentali per lo sviluppo dello stile di moltissimi musicisti attuali.
“The Spirit Lives On … “ appare quindi come un vero e sincero omaggio … e il magico Jimi da lassù (o laggiù, se preferite) ringrazia, sorride e poi imbraccia la sua Fender, improvvisando un assolo dei suoi … in fondo le gerarchie devono essere rispettate …
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