I Meshuggah non hanno bisogno di presentazione, la loro discografia, più che la loro storia, parla da sé, ed i termini vi assicuro che sono più che entusiastici. È inutile nascondere che sono spudoratamente di parte nel parlare della band di Umea, per il semplice fatto che li amo alla follia e che per i miei primi anni “metallici” sono stati una colonna sonora costante ed assidua, indi deleteria per la mia corteccia cerebrale. Essendo cresciuto a pane e “Chaosphere”, per un po’ di tempo ebbi la convinzione che quello fosse il metal e che il metal così dovesse essere. Purtroppo, o per fortuna, di Meshuggah ce n’è uno, e questo ep “I”, di 21 minuti, ne è la ulteriore ed immaginifica conferma. Ciò che ho sempre amato nei Meshuggah non è mai stato il mastodontico aspetto squisitamente tecnico/esecutivo, almeno non in primis. I Meshuggah sono sempre stati per me la via più diretta per il coma, per l’annientamento e l’annichilimento della coscienza. È un piacere perverso, un dolore invitante, e se non avete mai provato la dissolvenza, quel dolce perdere i sensi fluttuando tra visioni oniriche, al confine tra incubo e follia, e la sensazione di andare alla deriva nello spazio siderale, non potrete mai capire di cosa sto parlando. Philip K. Dick la chiamerebbe “substance d”.
In questo disco non troverete evoluzioni radicali, tuttavia sono presenti tutti gli elementi che hanno fatto dei Meshuggah una delle band più innovative ed eccitanti della storia del metal. L’autocitazionismo non si traduce mai in pedissequa riproposizione di quanto già fatto, piuttosto in una sintesi dai contorni devastanti ed annichilenti, che ripercorre in maniera psicotica e violenta la carriera della band. “I” è un punto fermo, un monolite, una palla schiacciata in metà a dire “eccoci, siamo qui”, un capitolo chiuso, e come ogni fine che si rispetti c’è sempre un inizio, un rinnovamento susseguente. Ciò mi fa paura e piacere allo stesso tempo, pensando alle future evoluzioni della band già preannunciate sul prossimo “Catch 33”. Ed è difficile pensare alla parola evoluzione quando lo stato attuale della band, di quei magnifici musicisti chiamati Meshuggah, si chiama avanguardia. Ha senso l’evoluzione di chi è già anni luce avanti a qualsiasi cosa che cammini o respiri su questa terra o in questo sistema planetario? Saremo in grado, avremo gli strumenti per comprenderla? Chi vivrà vedrà.
I Meshuggah non sono per tutti, si deve essere malati o masochisti per godere di roba simile, ma se ci sei dentro poi non basta mai…
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